I Lupercalia e la “festa degli innamorati”

ll 14 febbraio, festa degli innamorati, ricorre il martirio di san Valentino secondo il calendario liturgico cattolico.
Il santo, nato a Terni da una nobile famiglia, si sarebbe convertito al cristianesimo molto presto, diventando così vescovo quando era poco più che ventenne. Si narra che fu arrestato sotto l’imperatore Aureliano e che fu giustiziato con la decapitazione il 14 febbraio del 273 d. C.
Secondo le fonti agiografiche, il vescovo Valentino avrebbe subìto il martirio per aver unito in matrimonio una donna cristiana di nome Serapia ed un legionario di nome Sabino. Fu così che il santo finì per essere considerato il protettore delle coppie sposate e degli innamorati.
L’origine della festa del 14 febbraio risale tuttavia a tradizioni precristiane, in particolare quelle che si tenevano il 15 febbraio, tra rituali pagani, cerimonie di purificazione e riti propiziatori di fecondazione simbolica. Tali festeggiamenti, attestati nel calendario religioso di Roma antica, erano noti con il nome di Lupercalia.

La personificazione di Roma sulla Fontana Maggiore

Si tratta di consuetudini arcaiche che sembrerebbero derivare da un culto per Faunus Lupercus, divinità oracolare dal carattere disordinato e selvaggio, invocata a protezione dei campi, delle selve e dei pastori. Questo dio latino si collegava in origine al lupo sacro di Marte, e fu in seguito considerato come epiteto di Fauno (Faunus Lupercus) per essere infine assimilato al greco Pane Liceo (Πᾶν Λύκαιος). Ecco perchè in alcune opere d’arte classiche vediamo Pan raffigurato come Fauno, con corna e zoccoli di capra al posto dei piedi.
Interessante è anche l’etimologia del termine Lupercalia,  che derivando da Lupercus si ricollega al latino lupus  (lupo), a conferma del carattere selvaggio e disordinato della festa, strettamente legata a una cultura e a un contesto di tipo agropastorale.
Secondo altre fonti i Lupercalia deriverebbero invece da un culto al femminile: Juno Februata (Giunone purificata), era invocata non solo in caso di febbre, ma anche per scongiurare problemi durante la gravidanza e, soprattutto, durante il critico momento del parto.
Sappiamo che i rituali del 15 febbraio continuarono ad essere praticati nei primi secoli, nonostante l’avvento e la diffusione del cristianesimo. A Roma i Lupercalia venivano ancora celebrati nel V secolo, rendendo vani i divieti mossi dal pontefice, comprensibilmente preoccupato del permanere di tali usanze pagane. In un’apposita invettiva, Adversus Andromachum senatorem, il papa si scagliò contro la festa, proibendo ai fedeli di partecipare in qualsiasi modo alla cerimonia. Pare che allo scopo di estirpare definitivamente i Lupercalia, che si tenevano annualmente dopo le idi di febbraiopapa Gelasio I abbia istituito la nuova festa della Purificazione di Maria (detta la Candelora) . E non è certo un caso che la festa di San Valentino coincida con la data del 15 febbraio.
Le invettive e le critiche mosse dagli uomini di chiesa ai Lupercalia sono comprensibili se si pensa che queste celebrazioni si svolgevano nella più totale sregolatezza, al punto che anche nella società romana erano in molti a non tollerarle. Cicerone, ad esempio, ne dava un giudizio negativo, definendo i Lupercalia “riunioni selvagge”. Da Valerio Massimo sappiamo che i festeggiamenti si svolgevano all’insegna “dell’ilarità e dell’eccesso di vino” , eccessi che avevano tuttavia un loro significato, collegandosi anche all’aspetto iniziatico della festa che, secondo il mito, sarebbe stata istituita dai gemelli Romolo e Remo “esultanti di gioia poiché il nonno Numitore aveva loro concesso di fondare una città sul Palatino” (Val. Max, 2, 2, 9).
Il collegamento tra i Lupercalia e il mito di fondazione di Roma spiegherebbe perché la festa del 15 febbraio veniva celebrata presso la grotta sacra alle pendici del Palatino, il Lupercale che secondo la leggenda ospitò la Lupa e i gemelli.
Interessante è anche la dettagliata descrizione dei Lupercalia che perviene da Plutarco, il quale definiva le celebrazioni “azioni rituali difficili da spiegare”:

La Lupa allatta i gemelli. Giovanni e Nicola Pisano. Fontana Maggiore di Perugia.

I cosiddetti Luperci, due giovani adolescenti di nobile famiglia, venivano condotti nella grotta consacrata al dio ai piedi del colle Palatino.
Dopo aver sacrificato una capra, i due venivano segnati sulla fronte con un coltello bagnato di sangue caprino, per essere poi detersi con un panno di lana bianca intriso di latte. Alla fine del rituale purificatorio i due Luperci dovevano ridere, e dopo aver fatto a strisce la pelle della capra da loro sacrificata, dovevano correre entrambi nudi intorno al colle, schernendo gli spettatori e i passanti, e colpendo con strisce di cuoio chiunque incontravano durante la loro corsa sfrenata.
Le matrone di Roma e le giovani spose desiderose di avere figli si facevano incontro ai colpi inferti dai Luperci, anziché evitarli, ritenendo che tali gesti simbolici recassero fertilità. Uno strano rituale che tuttavia può essere compreso se interpretato come atto propiziatorio di fecondazione, in senso simbolico.
I Lupercalia consistevano dunque in rituali dal duplice aspetto: da un lato gioiosi, sfrenati e propiziatori, dall’altro iniziatici ed espiatori. Aspetti solo apparentemente contraddittori e che ben si addicono ai due mesi invernali di gennaio e febbraio, assenti nel calendario di Romolo ma considerati un periodo di transizione, di preparazione e purificazione, in vista del nuovo anno atteso con Marzo.  Come non notare che i Lupercalia , con il loro carattere caotico, sfrenato e per certi aspetti contraddittorio, ricordano il nostro Carnevale, che pure cade nello stesso periodo.

Antonella Bazzoli – 14 febbraio 2009 – aggiornato 10 Febbraio 2023

Consigli per la lettura:
Publio Ovidio Nasone “I Fasti” ed. BUR 2006
D. Sabbatucci “La religione di Roma antica, dal calendario festivo all’ordine cosmico” ed. Seam 1999
A. Carandini “La leggenda di Roma” Vol. I “Dalla nascita dei gemelli alla fondazione della città” Fondazione L. Valla – A. Mondadori  2006
A. Carandini “Remo e Romolo” Vol. I “Dai rioni dei Quiriti alla città dei Romani” Einaudi 2006