Le seconde nozze di Federico II
Nel corso del medioevo le unioni matrimoniali tra famiglie aristocratiche venivano spesso architettate da sovrani e pontefici, per motivi di opportunismo politico o di ascesa sociale, nell’ambito della cosiddetta “ragion di stato”.
Le nozze erano essenzialmente uno strumento per creare e rafforzare alleanze tra dinastie. Per le famiglie degli sposi l’obiettivo principale del contratto matrimoniale era garantire titoli e patrimonio ai figli legittimi. Ciò valeva in particolar modo per gli aristocratici, per i re e per gli imperatori.
A concedere la mano di una nobile dama, ad un cavaliere o ad un sovrano, era il padre della giovane promessa, ma dietro le quinte intervenivano quasi sempre nella decisione principi o ecclesiastici, a volte persino re e gran maestri di ordini cavallereschi.
Emblematico è il caso di Federico II Hohenstaufen, le cui unioni matrimoniali furono sempre dettate da opportunismo politico e dalla ragion di stato.
Papa Innocenzo III, divenuto tutore del futuro re di Sicilia, dopo la morte della regina madre Costanza d’Altavilla, fu l’artefice del primo matrimonio dell’allora quattordicenne Federico II con l’aragonese Costanza, di oltre dieci anni più anziana di lui.
Nel 1225, tre anni dopo la morte della prima moglie, Federico II dovette nuovamente unirsi in matrimonio. Questa volta la sposa era talmente giovane da sembrare una bambina: il suo nome era Isabella II ed era nata tredici anni prima dall’unione tra il condottiero crociato Giovanni di Brienne e la regina di Gerusalemme Maria di Monferrato (dalla quale la piccola Isabella aveva ereditato la corona gerosolimitana).
Le seconde nozze di Federico furono appoggiate da papa Onorio III, dal re di Francia Filippo II e dal Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri Teutonici, il tedesco Hermann Von Salza. Fu infatti quest’ultimo, amico fidato e consigliere intimo dell’imperatore, a suggerire al pontefice l’unione tra Federico e Isabella, in vista della crociata che avrebbe dovuto portare alla riconquista di Gerusalemme (ricordiamo che la Città Santa era ancora occupata dai Saraceni da quando il Saladino l’aveva presa nel 1187).
Dopo il fallimento della V crociata, il regno latino in Oriente era ridotto ad un’ esigua fascia costiera, comprendente poco più che Tiro e San Giovanni d’Acri. Tuttavia, nonostante le limitate dimensioni territoriali, la corona del regno di Gerusalemme rappresentava ancora un titolo prestigioso, e soprattutto un titolo strategico in vista della riconquista della Città Santa. Sposando la regina franco-siriana Isabella II, la reggenza del regno latino sarebbe passata al sovrano svevo. Le seconde nozze di Federico II furono dunque determinanti, fornendo il presupposto politico per vincere la crociata in Oriente.
La giovanissima regina Isabella, vittima delle macchinazioni di uomini dallo smisurato potere, dovette quindi lasciare la Siria, scortata da una flotta imperiale che da Acri la condusse a Brindisi, dove arrivò nell’ottobre del 1225, dopo un lungo viaggio via mare che fece tappa a Cipro.
Nell’isola di Cipro regnava la zia materna della piccola Isabella, la regina Alice, sorellastra di Maria di Monferrato. Si narra che al momento del commiato, la giovane nipote, consapevole di lasciare per sempre l’amata zia materna e la sua terra natia, abbia pronunciato tra le lacrime queste parole: “Ti raccomando all’Onnipotente o amata mia Siria che più non rivedrò”. La profezia si sarebbe purtroppo avverata, perché Isabella II sarebbe morta ad Andria solo tre anni dopo, all’età di sedici anni, dieci giorni dopo aver dato alla luce il figlio Corrado IV Hohenstaufen.
L’unione tra Federico e Isabella fu benedetta il 9 novembre del 1225 nel duomo di Brindisi. Con l’imperatore investito del titolo di re di Gerusalemme, al papa sembrò finalmente a portata di mano la riconquista dei luoghi santi della cristianità.
Eppure anni più tardi le cronache di parte guelfa avrebbero inventato false notizie per screditare l’imperatore, riportando che Isabella sarebbe stata maltrattata dall’imperatore e che avrebbe vissuto da reclusa nel castello di Terracina, circondata soltanto da eunuchi. Si tratta di fonti false, come è stato appurato da più studiosi, create ad arte contro il sovrano scomunicato e deposto, nell’ambito della propaganda filopapale e filoangioina .
La giovane regina Isabella fu in realtà in più occasioni accanto al proprio consorte, come testimoniato da varie fonti, anche in occasioni pubbliche, come a Palermo e a Brindisi, città quest’ultima in cui dove Isabella tornò nell’estate del 1227, in vista della partenza dell’imperatore per la crociata.
E fu proprio in quell’estate che Federico provò a partire con la sua flotta alla crociata. Nonostante tutto fosse pronto, fu possibile partire verso le terre d’Oltremare, perché nel porto pugliese l’afa, il sovraffollamento e la mancanza d’ igiene avevano fatto scoppiare una terribile epidemia, in cui persero la vita moltissimi pellegrini e crociati (tra cui il langravio Ludovico di Thuringia, fedele amico e parente dell’imperatore).
Lo stesso imperatore ne fu contagiato e si vide costretto a rimandare la partenza per la Terra Santa, inviando ambasciatori al papa per spiegare l’accaduto.
La mancata partenza costò a Federico II la preannunciata sentenza papale: il nuovo pontefice Gregorio IX non volle sentir scuse e scomunicò il sovrano cristiano per non essere partito come promesso e per non aver rispettato i patti sottoscritti a san Germano due anni prima.
A causa dell’epidemia scoppiata a Brindisi l’imperatore fece allontanare dal porto pugliese la giovane Isabella, e la fece scortare mettendola al sicuro nel vicino castello di Otranto. E’ facile immaginare la preoccupazione di Federico per la salute della consorte la quale nel frattempo era rimasta incinta.
Corrado IV, il figlio legittimo che l’imperatore amò più degli altri, sarebbe nato infatti esattamente nove mesi dopo, il 26 aprile 1228! Era destinato a diventare l’erede al trono di Gerusalemme e, proprio come Federico, avrebbe coltivato l’arte e la poesia, tanto che in Germania la sua corte sarebbe stata influenzata dalla ricchezza culturale della scuola poetica siciliana.
Nel mese di giugno del 1228, nonostante il neonato fosse ancora in fasce e la moglie defunta da poche settimane, Federico II dovette comunque partire in tutta fretta per la Crociata, dopo aver fatto testamento, perché il pontefice minacciava di occupare il suo regno, cosa che poi fece approfittando della sua assenza.
Dopo una lunga sosta a Cipro, Federico raggiunse Acri e si mise subito in contatto con il Sultano d’Egitto Al-Kamil, all’epoca residente a Nablus. Intenzione di entrambi i sovrani “illuminati” era raggiungere una pace duratura . Le trattative proseguirono e il 29 febbraio del 1229 Federico II sottoscrisse lo storico trattato di pace considerato un miracolo divino, perché restituì alla cristianità Gerusalemme e il Santo Sepolcro.
Dopo il fallimento della cruenta V crociata, che aveva portato alla perdita definitiva di Damietta, a causa dell’intransigenza del bellicoso cardinale Pelagio, Federico II non solo riottenne la Città Santa, ma anche altri luoghi sacri e strategici, come Betlemme e Nazareth, oltre ad una tregua che sarebbe durata dieci anni.
Il 17 marzo del 1229 lo Svevo entrò da Re a Gerusalemme, e il giorno seguente andò a pregare sulla tomba di Cristo, nella chiesa del Santo Sepolcro, portando con sé la sua corona. Lo fece senza curarsi della scomunica che ancora pesava su di lui e questo fece andare su tutte le furie il pontefice, tanto che il patriarca di Gerusalemme lanciò l’interdetto papale sulla città liberata, creando sdegno tra i devoti e i pellegrini presenti in Terra Santa, i quali per ironia della sorte non potevano visitare i luoghi finalmente liberati in cui Gesù era morto e risorto, nonostante la vittoria ottenuta da Federico II.
Nonostante ostacoli e difficoltà ancora da affrontare e risolvere, il potente imperatore aveva comunque dimostrato al mondo che era possibile difendere la propria fede e i propri territori, evitando spargimenti di sangue, devastazioni, soprusi e saccheggi. Finalmente a Gerusalemme potevano nuovamente convivere fedeli appartenenti a religioni diverse, ebrei, cristiani e musulmani.
Nel mese di giugno del 1229, rientrato vincitore nel suo regno di Sicilia, Federico fu acclamato dai sudditi, stupiti di vederlo ancora vivo, dal momento che il pontefice aveva ordinato di spargere la voce della sua morte avvenuta in Oriente. I territori siciliani erano nel frattempo occupati dalle truppe papaline (i cosiddetti “soldati delle chiavi”) e dai Lombardi alleati del pontefice e nemici di Federico II. Anche in questa occasione l’imperatore preferì non usare le armi e agì con estrema prudenza e infinita pazienza nei confronti di Gregorio IX, scegliendo la strada delle trattative diplomatiche, anche se dovette aspettare ancora un anno prima di ottenere la revoca della scomunica del 1227. Solo a fine agosto del 1230, infatti, fu siglata la pace tra papa e imperatore, e il 1 settembre, nella dimora papale di Anagni, Gregorio IX e Federico sedettero alla stessa mensa, alla presenza del solo fidato consigliere Hermann Von Salza. In quell’occasione il pontefice si riappacificò finalmente con il sovrano, conferendogli il simbolico “santo bacio della pace” e chiamandolo “diletto figlio della Chiesa”.
Questa avvincente storia, fatta di guerra e di pace, di odio e d’amore, s’ intreccia con un’altra storia, a dir poco straordinaria, nella quale mi sono imbattuta studiando cronache e fonti antiche e analizzando reperti e miniature, giungendo infine a ipotizzare inaspettati legami tra l’imperatore Federico II, il ministro generale dei Francescani frate Elia e San Francesco.
All’interno della chiesa inferiore di Assisi dedicata al santo, si trova un misterioso monumento funebre le cui vicende costruttive e conservative si intrecciano con quelle della defunta moglie di Federico II, la regina di Gerusalemme Isabella di Brienne, morta e sepolta ad Andria nel 1228.
Anche una scultura dell’imperatore, rappresentato a figura intera in un’insolita e simbolica postura, si trova – secondo la mia ipotesi – all’interno della chiesa tomba del santo, in corrispondenza dell’ imponente monumento funebre noto come “tomba di Giovanni di Brienne”. Mi riferisco al sepolcro monumentale che oggi vediamo in fondo alla navata, ma che in origine non si trovava qui. Così assemblato, esso sarebbe il risultato di una ricomposizione forzata e arbitraria di elementi scultorei già appartenuti ad una o più tombe preesistenti.
I risultati della mia ricerca sono stati presentati, per la prima volta, nel corso del convegno “Francesco, Federico II e frate Elia. Spiritualità, cultura e alchimia” (organizzato da EVUS, con il patrocinio del Comune di Assisi, presso il Monte Frumentario il 3 novembre 2018).
L’ ipotesi è stata nuovamente presentata al pubblico, con il prezioso ausilio del professor Attilio Bartoli Langeli, nel corso di un convegno di studi incentrato sulla figura di frate Elia, presso il “Centro Studi Frate Elia da Cortona” ,il 28 e 29 giugno 2019.
Da allora la mia ricerca non si è fermata e nuovi tasselli si sono aggiunti al mosaico che sto cercando di ricomporre. Spero di riuscire a pubblicare presto i risultati di questa mia lunga e impegnativa indagine storica. L’auspicio è che io riesca a pubblicarli in occasione dell’ottocentenario delle nozze di Federico e Isabella, ovvero entro il 9 novembre del 1225!