I Teatri e la città
Una panoramica sulla tradizione teatrale perugina non sarebbe esaustiva se non prendessimo in considerazione anche le vicende storiche che videro nascere tra Sette e Ottocento i principali teatri di Perugia. Si tratta di piccoli tasselli di un più grande mosaico che potrebbero restituirci importanti dettagli su quella microstoria cittadina, fatta di aneddoti e grandi verità, di cui difficilmente conosceremmo l’esistenza in altri modi.
Della centralità dei teatri nella società perugina prese atto anche lo storico Bonazzi quando in merito agli attriti che si erano venuti a creare tra il Teatro del Verzaro e il Teatro del Pavone nel corso dell’800, rilevò: “Esso (il teatro civico del Verzaro) fu cagione di attriti e collisioni tra i due ceti; ed io ho udito rispettabili vecchi asseverare più volte che per lungo tempo tre buoni quarti delle liti in Perugia si agitarono a cagione dei due teatri”. A porre fine a queste querelle fu un impresario, Francesco Mogliè, protagonista della vita teatrale perugina nel primo trentennio dell’800, che con una strategia di marketing di notevole modernità, si propose come impresario unico dei due teatri perugini inaugurando una stagione di spettacoli di grande livello, che in modo congiunto e alternato vennero proposti al pubblico cittadino facendo, in questi anni, di Perugia il maggiore centro teatrale della regione.
Ma facciamo qualche passo indietro per riflettere sulla tradizione teatrale di Perugia evitando il rischio di limitarci ad un’idea dei teatri riduttiva di semplici luoghi del divertissement cittadino, piuttosto che considerare il ruolo di fondamentale importanza che essi ricoprirono all’interno dei profondi cambiamenti storici e culturali che interessarono il capoluogo umbro tra Sette e Ottocento. Uscita da un sostanziale immobilismo culturale che la caratterizzò in epoca moderna, Perugia si affacciava nel corso del XVIII secolo all’Europa accogliendo con entusiasmo le novità che la portarono a seppellire il passato guardando al futuro, con veste rinnovata. Gli ideali che guidarono le grandi rivoluzioni liberal-democratiche di fine Settecento investirono anche la nostra città di provincia e videro nel teatro il luogo privilegiato per rivolgersi, amplificando il proprio messaggio, direttamente ai protagonisti di questi stravolgimenti. Il processo fu lento, ma irreversibile e portò nell’arco di pochi anni a profondi cambiamenti in campo culturale, inaugurando anche per i teatri una nuova era.
All’inizio del ‘700 a Perugia mancava ancora un vero teatro aperto al pubblico. Se ne rese conto con rammarico un fanciullo veneziano, poco più che adolescente, che nel 1720, facendo visita al padre, medico della famiglia Antinori, si lamentava della mancanza in città di una sala di spettacolo pubblica. Il nome del giovane rampollo, destinato a risuonare a lungo nelle sale teatrali di tutto il mondo, era Carlo Goldoni che proprio a Perugia mosse i primi passi della sua lunga carriera, debuttando in parti femminili sul palcoscenico di Palazzo Antinori (oggi Gallenga-Stuart) e con ogni probabilità anche su quello del secolare Teatro della Sapienza Vecchia.
Da lì a poco, su iniziativa di un gruppo di cittadini riunitisi nel 1717 nella “Nobile Società del Casino”, a Perugia fece la sua comparsa il primo vero teatro cittadino. Si tratta del Teatro del Pavone nato come ricorda il Bonazzi perché “crescendo col migliorarsi delle arti teatrali, il bisogno di meno angusti teatri, i nostri nobili fondarono nel 1717 l’Accademia del Casino ed una Sala di forma quadrilunga che riuscì importantissima per le rappresentazioni di opera in musica, o di commedia in prosa”. La realizzazione di una scatola lignea, cui accenna il Bonazzi, con la tradizionale e ormai superata conformazione ad U allargata che non favoriva una consona visuale del palcoscenico, non ebbe grande successo se circa quaranta anni dopo, nel 1765, gli accademici del Casino decisero di affidare a Pietro Carattoli il progetto per un rinnovato e più ambizioso teatro.
Nacque così, grazie alla sapiente supervisione del famoso architetto perugino il nuovo Teatro del Pavone, il primo grande teatro all’italiana realizzato in muratura in Umbria. Il primato cittadino del Pavone, in cui furono realizzati tutti gli spettacoli teatrali ospitati a Perugia negli anni centrali del ‘700, subì una battuta di arresto nel 1777 quando con una operazione quanto mai rivoluzionaria di cui si rese promotore e principale esecutore Annibale Mariotti, Perugia vide nascere il Teatro del Verzaro.
Prodotto di una borghesia illuminata animata dagli ideali giacobini d’oltralpe e ormai indiscussa protagonista della scena politica e culturale di fine secolo, il Verzaro riaffermava anche nelle sue maggiori dimensioni e nella sua più ambiziosa struttura, l’ascesa di una classe di professionisti, uomini di lettere e imprenditori che affidarono al motto “Haud natura negat”, che ancora campeggia dall’alto dei palchi, il primato del proprio ingegno nel raggiungimento di un traguardo, fino agli anni precedenti ritenuto impossibile.
Gli stravolgimenti politici e il cambiamento dei tempi trovarono proprio in questi anni, nei teatri, terreno fertile di promozione tanto che ogni singola decorazione dai soggetti dei sipari, alle effigi sui palchi, alle pitture parietali, fecero dell’impianto teatrale un’imponente cassa di risonanza degli eventi politici che animavano la città e l’Italia intera. Mossi da un rinnovato interesse per la radici storiche cittadine e da un più forte sentimento patriottico, gli artisti diedero vita ai sipari storici in cui dalle Nozze di Trasimeno con la ninfa Agilla del Pavone, teso a riaffermare la secolare appartenenza del Lago Trasimeno al territorio perugino, alla scena di Biordo Michelotti, capo dei Raspanti, che torna vincitore a Perugia del Verzaro, preso a modello ispiratore dell’eroe risorgimentale, fino al rinnovato plafond con la Fama che addita ai perugini illustri il Tempio di Minerva, si volle definitivamente affermare una identità storica e culturale cittadina di cui tutti i perugini andavano fieri e su cui tutti si potevano riconoscere.
La storia della città nella seconda metà dell’800 fu toccata da eventi che ne cambiarono definitivamente le sorti. Il Risorgimento, segnato anche da date drammatiche, come quella del 20 Giugno 1859, di cui proprio quest’anno ricorre l’anniversario, penetrò con tutto il suo portento anche le scene teatrali di Perugia. A soli quindici giorni dalla liberazione, ricorda Uguccione Ranieri di Sorbello, viene organizzato un grande veglione al Verzaro “riuscito animatissimo dopo più di un anno che in città sempre stata assai ballerina, nessuno più ballava”. Di lì a poco la Compagnia Salvini potrà perfino recitare la “Zaira” di Voltaire, un nome che fino ad allora faceva impallidire al solo sentirlo nominare. L’evento fu memorabile perché quella era la prima volta che una compagnia teatrale fu in grado di rappresentare un repertorio non sottoposto a censura. “Dalle ore otto e un quarto a mezzanotte” – ricorda ancora lo storico perugino – “il teatro del Verzaro fu sempre pieno. Solo alcune tra le famiglie più timorate, rintanate nei vecchi palazzi, non osarono andare a questi spettacoli giunti senza censura sulle ali del gran vento di novità portato dai piemontesi”.
Alle novità di quegli anni si aggiunse un altro importante tassello: il 1874 è l’anno in cui il Teatro del Verzaro, divenuto ormai Teatro Morlacchi riaprì al pubblico dopo un profondo rinnovamento artistico e architettonico. L’evento fu celebrato con la memorabile rappresentazione dell’Aida. Perugia, fu come ricordano le cronache del tempo, “la terza città d’Italia ad ascoltare l’Aida data solo a Milano e Ancona” prima ancora di Roma. L’affluenza di visitatori per l’occasione fece sì che le autorità pubbliche cittadine prendessero provvedimenti atti a dare consona sistemazione alle migliaia di visitatori che affluirono in città da ogni parte d’Italia: “Le ferrovie annunciano riduzioni da Roma. C’è chi si abbona per sentirsi ben otto delle repliche le quali continueranno fino al 20 settembre. Mancano a Perugia gli alloggi per ospitare la gente, e il sindaco si raccomanda ai privati per dare ospitalità”.
Ma un veloce quadro degli spettacoli di Perugia tra Sette e Ottocento non sarebbe esaustivo se dimenticassimo di menzionare i due grandi eventi che animarono la vita culturale perugina sullo scorcio del vecchio e all’alba del nuovo secolo. Nel 1895 al Teatro del Turreno, nato cinque anni prima dal progetto dell’Ingegnere comunale Alessandro Arienti per ospitare i grandi eventi di stampo prettamente popolare, fa la sua comparsa il cinematografo: “quali portenti per i figli del Leone e del Grifo! Il 10 dicembre del 1895 al Turreno si offrono esperimenti di grafofono e di cinematografo. Mentre delle figure umane si muovono su uno schermo bianco, si sentono delle canzoni napoletane cantate da Cantalamessa e Cley, e nessuno dei due è presente in sala!” annunciò a gran voce dalle pagine della sua Perugia della Bell’Epoca Ranieri di Sorbello. Il 1906 vide l’arrivo in città di Buffalo Bill ospitato con il suo grande carrozzone a Piazza d’Armi: “stette solo un paio giorni ma l’eco del suo nome si sparse per le campagne, risalì i monti, raggiunse anche plaghe più lontane”.
L’ultimo grande evento portatore di un vento di novità dal far west, chiudeva così circa due secoli di spettacoli teatrali che animarono il capoluogo umbro con i suoi molteplici spazi aperti contemporaneamente, dai due autorevoli teatri cittadini del Morlacchi e del Pavone, a quelli più piccoli della Minerva, del Carmine, della Sapienza Vecchia, dell’Aquila e del Leon d’oro.
Con il Turreno, di cui ai giorni nostri si paventa la chiusura, si concluse una fase del teatro umbro e se ne aprì un’altra: quella che nel Novecento ebbe per protagonista un altro tipo di spettacolo, il cinema oggi trasferito nei suoi grandi e informi contenitori di periferia.
Elisabetta Federici – 16 marzo 2009
Bibliografia di riferimento:
L. Bonazzi, Storia di Perugia, G. Innamorati (a cura di), Città di Castello, Unione arti grafiche, 1959-1983;
U. Ranieri di Sorbello, Perugia della bell’epoca 1859-1915, Perugia, Volumnia, 2005; R. Gigliarelli, Perugia antica e Perugia moderna, Pordenone, Mario Stavolta editore, 198;
F. Bozzi, G. Chiuni, S. Petrillo, Il Teatro Morlacchi di Perugia. Lo scenario di un cambiamento, Perugia, Futura, 2006