Pierosara, il castello e la leggenda di un tragico amore

Nelle Marche,  in una stupenda posizione sopraelevata che domina la Gola della Rossa e quella delle celebri Grotte di Frasassi nel territorio di Fabriano, venne vissuta una tragica storia d’amore e di morte. L’abitato in cui tutto accadde e di cui vi racconto fu un Castellum medievale: aveva il nome di Castellu Petruso o Rocca Petrosa, probabilmente a causa della natura rocciosa del luogo.
La sua fondazione però dovette essere molto più antica. Non vi sono documenti certi sull’epoca della sua origine che verrebbe fatta risalire al 69 d.C., allorchè alcuni cittadini romani si rifugiarono in questa terra, suggestiva  ma impervia, per fuggire alla ferocia dell’imperatore Nerone.
I fondatori furono forse degli abitanti di Roma convertiti al cristianesimo e sfuggiti alle persecuzioni dell’ imperatore? O più semplicemente si trattò della costruzione di un avamposto militare, essenziale per la posizione strategica del sito che permetteva di controllare sia le strade provenienti dall’Adriatico che quelle provenienti dalle valli  dell’Esino e del Sentino? Senza contare che nei pressi sorgeva  il Municipio romano di Tuficum che così veniva protetto da questo presidio.
Alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente il castello ed il territorio circostante furono teatro di frequenti scontri tra i Bizantini  che ne avevano fatto una roccaforte e le popolazioni barbare.
Dapprima giunsero i Goti, poi i Longobardi che occuparono la rocca e che, quando nel 571 costituirono il Ducato di Spoleto, ne fecero un avamposto per difenderne il confine. Successivamente Castello Petroso fu elevato dal Re Autari  a Castaldato così che potè esercitare una sovranità giuridica ed amministrativa su un  territorio che si estendeva a comprendere le terre ora appartenenti ai Comuni di Fabriano e di Genga e che confinava con la Pentapoli bizantina.
Nonostante i profondi cambiamenti storici che seguirono (pensiamo all’avvento dei Franchi ed alla  formazione del Sacro Romano Impero) il Castaldato di Castello Petroso, trasformato in feudo imperiale, non perse la sua autonomia, né la sovranità sul suo territorio, anzi conservò le leggi longobarde fino al XII secolo.
E’ dal 1171 che il Castello, occupato dal Conte Uguzzone della Genga, cominciò  a cambiare il suo nome in Castello di Plerosaria o Plarosaria, o anche di Plarosara, nome che si trasformerà poi in Perosara e, nell’Ottocento, in Pierosara.
Se i primi cambiamenti del nome verranno attribuiti ad una naturale trasformazione del linguaggio dal latino al volgare, per quanto attiene il nome del borgo attuale l’origine sembra derivare da una romantica e tragica leggenda locale.
Si racconta che in un anno imprecisato il Conte di Ravellone, feudatario del Castello di Rotorscio, si invaghì di Sara, una bella ragazza che abitava nel Castello Petroso. Poiché Sara era innamorata e promessa sposa a un giovane del luogo di nome Piero, il Conte di Ravellone decise di rapirla. Una notte infatti si introdusse nella rocca e riuscì ad avvicinare Sara, ma per evitare che la giovane venisse portata via, gli abitanti chiusero le porte del castello. Ne nacque una feroce battaglia tra gli abitanti e i cavalieri che avevano seguito il Conte nella prepotente impresa, fino a che, vistosi sconfitto, per non cedere Sara che teneva avvinta a sé, il Conte la uccise. Piero allora, preso dalla disperazione e dall’ira, aggredì l’uccisore della donna amata, ma il Conte lo affrontò con una scure e lo ferì a morte. Piero morì accanto alla giovane Sara che abbracciò con le poche ultime forze che gli restavano.
In ricordo di questo amore infelice da quel giorno il Castello prese il nome di Pierosara.
Pierosara è oggi un piccolo, ma stupendo borgo che mostra ancora ben conservati una parte delle mura difensive, il cassero ed una robusta torre mozza a pianta quadrata.


Si giunge all’interno del borgo murato attraverso una porta,  iauna castri, che conduce all’unica stradina che aggira il cassero sovrastante. La porta è costituita da un arco a tutto sesto, voltata a botte, in pietra arenaria.
Su uno sperone di roccia calcarea sorge la torre che domina il paese e che doveva avere funzione di torre di avvistamento, ma anche di difesa. Costruita con conci ben squadrati, è alta 15 metri, presenta sul lato nord un’apertura a poco più di 6 metri da terra che doveva costituire l’ingresso ed a cui si accedeva per mezzo di una scala a pioli che veniva ritratta in caso di pericolo. Sul lato occidentale si evidenzia una feritoia di cui è difficile ipotizzare la funzione. Munita in passato di merlature, viene fatta risalire ad un periodo che va dal X all’XI secolo.
Se il piccolo borgo conserva ancora intatto il suo fascino antico, dall’alto del castello in un incantevole panorama è possibile distinguere la Gola della Rossa, la Gola di Frasassi e l’alta Valle dell’Esino.

di Anna Pia Giansanti – 15 giugno 2011

Bibliografia

Montani, Memorie storiche di Fabriano

Sassi, Carte di San Vittore