Una scultura di Federico II ad Assisi?
Osservando il grande sepolcro gotico in pietra bianca che si trova nella chiesa inferiore di Assisi, colpisce la presenza al suo interno di una scultura a figura intera di un sovrano medievale, seduto sul suo faldistorio, ovvero sul suo trono mobile, e sostenuto da un leone ruggente.
Un curioso dettaglio iconografico di questa scultura duecentesca mi colpì fin dalla prima volta che la vidi, ormai molti anni fa: la gamba sinistra del personaggio incoronato è accavallata sulla destra, in una postura evidentemente simbolica. Fu così che cominciò la mia ricerca storica ed iconografica che mi portò a trovare numerosi e sorprendenti confronti e documenti, facendomi dubitare che si trattasse della tomba di Giovanni di Brienne e convincendomi invece sempre più che il sepolcro in questione sia stato fatto costruire, all’interno della nuova chiesa-tomba dedicata a San Francesco, niente meno che da Federico II Hohenstaufen, forse in memoria della seconda moglie dalla quale l’imperatore aveva avuto la corona del regno latino di Gerusalemme .
I risultati scientifici della mia indagine sono stati presentati per la prima volta ad Assisi, il 3 novembre 2018, nel corso del convegno “Francesco, Federico II e Frate Elia. Spiritualità, cultura e alchimia“, organizzato da EVUS – Eventi per la Valorizzazione dell’Umbria Storica con il patrocinio del Comune di Assisi.
L’ ipotesi è che nella chiesa inferiore di San Francesco vi sia una scultura dell’imperatore Federico II a figura intera, rappresentato con le insegne di potere e nelle vesti di novus David, il Re di Gerusalemme scelto e “unto” da Dio, dopo il suo rientro dalla terra Santa da vincitore nel 1229.
Già negli anni Trenta, e in ogni caso prima del 1239 (anno della sua seconda scomunica da parte di Gregorio IX) , il ritratto imperiale al di sopra del sepolcro in memoria di Isabella di Brienne doveva trovarsi a pochi metri dalla tomba di san Francesco, come ho avuto modo di dimostrare. Successivamente, dopo la morte dell’imperatore svevo, avvenuta a dicembre del 1250, e dopo quella di frate Elia, avvenuta nel mese di aprile del 1253, la tomba di Isabella di Brienne e il ritratto dell’imperatore nelle vesti del re David furono verosimilmente smontati e spostati, e in seguito forzatamente ricomposti a formare un nuovo mausoleo: il risultato di tale arbitraria e incongruente ricomposizione è l’attuale monumento funebre che oggi vediamo in fondo alla navata, che nel XVI secolo veniva identificato con il sepolcro di una ricca benefattrice genericamente chiamata “la regina di Cipro”, la quale – come riferisce fra Ludovico da Pietralunga – sarebbe giunta dal suo Regno di Gerusalemme con l’intenzione di finanziare i lavori architettonici della chiesa superiore e a tal fine avrebbe donato al cantiere di Assisi una grande quantità di monete d’oro e d’argento!
La memoria della misteriosa regina di Cipro e Gerusalemme finì per perdersi, a partire dal XIX secolo, quando il grande monumento funebre in pietra bianca cominciò ad essere attribuito a vari membri della dinastia dei Brienne. C’è stato, e c’è ancora, chi propende per il condottiero crociato Giovanni di Brienne, che aveva guidato la fallimentare V crociata e che nel 1225 aveva perso la corona del Regno latino di Gerusalemme dando in sposa sua figlia, la regina Isabella, all’imperatore Federico II. Secondo altri il sepolcro sarebbe appartenuto a un altro discendente del casato di Giovanni di Brienne, forse a sua figlia Maria di Brienne, o forse a Philippe de Courtenay. C’è persino chi sostiene che si tratterebbe del sepolcro di Gualtieri IV di Brienne, duca di Atene.
Tante ipotesi, ma nessuna certezza. E così il monumento funebre di Assisi resta ancora oggi avvolto nel mistero. I dubbi riguardano anche la sua collocazione, poiché è appurato che la tomba gotica non si trovava in origine dove oggi la vediamo, e ciò è confermato anche dal fatto che gli elementi scultorei al suo interno risultano smontati, spostati, e infine inseriti forzatamente e maldestramente, nella struttura a baldacchino che oggi vediamo incassata in una nicchia scavata nella parete orientale della chiesa inferiore.
Gli elementi scultorei che compongono il monumento medievale sembrano provenire da una tomba preesistente (forse addirittura da due distinti sepolcri), come sosteneva il critico d’arte Pietro Scarpellini nel 1982, il quale definì questo imponente monumento gotico un vero e proprio “rebus (…) uno dei complessi artistici più misteriosi dell’intera basilica (…) davvero eccezionale, diverso da tutti gli altri, quasi un unicum in tutta l’arte gotica “.
Scarpellini non escludeva la possibilità che la tomba potesse appartenere alla giovanissima regina di Gerusalemme Isabella di Brienne, morta di parto ad Andria a soli 16 anni, nel dare la luce a fine aprile del 1228 l’erede imperiale Corrado IV. La presenza di un sepolcro ( o quanto meno di un cenotafio) a lei intitolato nella chiesa inferiore di San Francesco è confermata da vari indizi, tra cui fonti documentarie cinquecentesche.
Ripercorrendo la complessa e intricata vicenda critica del misterioso monumento sepolcrale, emergono molti dubbi e troppe contraddizioni che rendono la questione attributiva un “giallo” ancora tutto da chiarire. Gli spostamenti, le ricomposizioni e le manomissioni subite dal monumento, a partire dalle decisioni prese nel 1253 da Innocenzo IV, rendono oggi arduo ricostruire le vicende costruttive e conservative del sepolcro originario.
Tra le tante domande che possono sorgere forse vi è certamente la seguente: come è possibile che un sepolcro voluto da Federico II, con un suo ritratto all’interno, si trovasse vicino alla tomba del santo di Assisi ? Lui, l’imperatore ritenuto l’Anticristo da molti uomini di Chiesa, scomunicato da Gregorio IX per ben due volte, e infine deposto da Innocenzo IV? In altre parole: cosa c’entra Federico II con san Francesco e con l’edificio a lui intitolato, fortemente voluto da Gregorio IX nel 1228 e sapientemente realizzato in pochi anni da Frate Elia architetto?
Per rispondere a queste domande occorre innanzitutto tornare indietro nel tempo, fino al 1217, anno in cui fu indetta la cruenta e fallimentare V crociata.
Elia, uomo di scienza, abile diplomatico e fidato compagno di Francesco, era stato da quest’ultimo inviato nel regno latino di Gerusalemme proprio nel 1217 con il titolo di “ministro di Siria e d’Oltremare”. Due anni dopo, nel 1219, Francesco lo raggiunse salendo a bordo di una nave di crociati bolognesi alla volta di San Giovanni d’Acri, che era allora la capitale del regno latino gerosolimitano. Dalla Siria i frati si spostarono a Damietta, città assediata dai Franchi in cui risiedeva il sultano d’Egitto Al -Kamil, il nipote del Saladino. Sembra incredibile ma, nonostante la guerra, Francesco riuscì ad attraversare il campo nemico e, anziché essere fatto prigioniero o venire ucciso, riuscì ad essere ascoltato dal Sultano venendo ospitato alla sua corte e rimanendovi per molti giorni, come attestano vari cronisti dell’epoca.
Il viaggio intrapreso da Francesco in Terra Santa fu evidentemente una “missione di pace”. Ma oggi sappiamo che le varie proposte di pace offerte da Al -Kamil al cardinale Pelagio (all’epoca legato pontificio in Terra Santa) non ricevettero risposta. Pelagio non volle accettare le proposte diplomatiche fatte dal Sultano, nonostante l’offerta contemplasse la restituzione di Gerusalemme ed una tregua di trenta anni, oltre ad altre proposte altamente vantaggiose per i Franchi e per la Chiesa. La prosecuzione della guerra avrebbe comportato in seguito nefaste conseguenze per l’esercito cristiano, che infatti finì per perdere non solo Damietta ma anche molti territori del regno latino.
Quando Francesco lasciò la Terra Santa nella primavera del 1220, dovette sentirsi amareggiato per non essere riuscito a riportare la pace nel regno di Gerusalemme. Eppure, grazie a quel suo viaggio in Oriente, Francesco, Elia, e gli altri frati che erano con loro, aprirono la strada a futuri dialoghi interreligiosi e alle trattative diplomatiche di pace che seguirono.
Il viaggio di Francesco è secondo me strettamente legato a quanto avvenne negli anni successivi. Nell’agosto del 1225 l’imperatore Federico II Hohenstaufen inviò una flotta imperiale in Siria con il compito di scortare fino a Brindisi la sua promessa sposa Isabella di Brienne, regina di Gerusalemme. Ella aveva ereditato da sua madre Maria di Monferrato la prestigiosa corona del regno latino di Gerusalemme e grazie a quelle nozze caldeggiate dal papa e dagli ordini cavallereschi, l’imperatore ottenne il titolo di reggente di Gerusalemme che gli avrebbe permesso di riconquistare la Città Santa .
L’unione tra Federico e Isabella fu appoggiata anche dal Re di Francia , oltre che dal pontefice Onorio III, il quale in tal modo sperava di riprendere più facilmente e velocemente il Santo Sepolcro, ancora in mano ai Saraceni dal 1187, e di riottenere gli altri luoghi della cristianità perduti dopo l’esito fallimentare della precedente crociata.
In cambio della corona gerosolimitana Federico II s’impegnò con il pontefice a partire alla crociata entro due anni dalla firma del contratto, ovvero entro il mese di agosto del 1227. Tutto era pronto ma la promessa dell’imperatore non potè essere mantenuta a causa di una terribile epidemia che colpì l’esercito crociato nel porto di Brindisi, facendo perire migliaia di soldati e pellegrini. Lo stesso imperatore rimase contagiato e dovette rimandare la partenza. Sappiamo che il sovrano andò a curarsi alle terme di Pozzuoli, e sappiamo anche che cercò invano di giustificare la mancata partenza con il pontefice, il quale non volle sentir scuse e per tutta risposta scomunicò l’imperatore con l’accusa di “non aver rispettato l’accordo e di non essere partito alla crociata”.
In quella stessa estate del 1227 Isabella rimase incinta. Nove mesi dopo, nell’aprile del 1228 , l’imperatrice diede alla luce Corrado IV Hohenstaufen, futuro re di Gerusalemme. Rimasto orfano di madre solo pochi giorni dopo il parto, il piccolo Corrado fu l’erede che Federico II amò più di ogni altro.
Per rispettare il voto di crociato e per ottenere la revoca della scomunica papale, Federico II si preparò a lasciare il Regno di Sicilia già nel mese di giugno del 1228, dirigendosi con la sua flotta prima a Cipro e poi in Siria, con l’obiettivo di portare a termine le trattative di pace già avviate con il Sultano e di riconquistare Gerusalemme.
L’imperatore svevo e il sultano Al-Kamil (lo stesso che nove anni prima aveva ospitato Francesco d’Assisi) erano considerati sovrani “illuminati”, entrambi interessati a mantenere la pace e la giustizia. Tra i due nacque una profonda e duratura amicizia che sarebbe durata fino al 1237, anno di morte del Sultano.
Nel febbraio del 1229 fu siglato lo storico accordo di pace che prevedeva una tregua di dieci anni tra gli eserciti dei Franchi e dei Saraceni. Il Sultano accettò di restituire ai Cristiani il Santo Sepolcro e la città di Gerusalemme, oltre a Nazareth, Bethlemme e ad altri territori del regno latino, che erano andati perduti a causa dell’intransigenza e della belligeranza di Pelagio. L’accordo di pace fu raggiunto solo con le armi della diplomazia, della cordialità e dell’ amicizia. Federico II fu l’unico sovrano cristiano occidentale che riuscì a vincere una Crociata e a riprendere Gerusalemme senza dover far ricorso a guerre e a distruzioni.
A mio avviso l’accordo di pace fu possibile grazie alla precedente missione di pace e di dialogo interreligioso che Francesco e frate Elia avevano avviato con il Sultano e i suoi sacerdoti circa dieci anni prima. I due frati di Assisi, tra il 1217 e il 1220, ebbero il grande merito di aprire la strada al successivo accordo di pace che sarebbe stato siglato da Federico II e Al-Kamil nel 1229.
La mia ipotesi che vi sia un ritratto di Federico II nella chiesa inferiore di San Francesco è stata nuovamente presentata a Cortona, insieme al professore Attilio Bartoli Langeli, il 29 giugno 2019, nel corso di un convegno organizzato dal Centro Studi Frate Elia da Cortona (dal titolo “Il generalato di Frate Elia da Cortona. Le premesse 1221-1232“),
Durante gli ultimi cinque anni ho continuato la mia indagine, trovando ulteriori conferme a sostegno della mia ipotesi. I risultati di questo mio ultimo sforzo sono al momento ancora in fase di redazione, e mi auguro di riuscire a presentarli e pubblicarli al più presto.
Antonella Bazzoli, 28 agosto 2022 (aggiornato il 31 maggio 2024)