L’ottavo giorno, simbolo della resurrezione di Cristo

Nel tempio paleocristiano Sant’Angelo di Perugia il numero 8 è il protagonista assoluto.
Ciò risulta evidente non solo osservando lo  straordinario disegno architettonico del colonnato circolare che divide le due navate concentriche, ma anche analizzando le otto iscrizioni a caratteri greci, incise e ripassate con vernice nera in corrispondenza delle quattro colonne che si trovano a nord e a sud del peristilio.
Il simbolismo del magico numero otto all’interno del tempio cristiano torna anche, attraverso multipli e sottomultipli, nel disegno di vari elementi architettonici: sedici sono infatti le colonne del peristilio anulare della chiesa perugina; quattro sono le colonne recanti iscrizioni; e otto sono in tutto le sigle incise negli abachi di quattro capitelli corinzi (due sigle per ogni abaco).
Il sottomultiplo di otto torna anche nelle quattro cappelle radiali che in origine si aprivano in esatta corrispondenza dei punti cardinali, andando a formare una croce greca.

Trigramma inciso su capitello corinzio. Tempio di Sant’Angelo in Perugia.

Il multiplo di otto è invece evidente nelle sedici colonne del colonnato anulare che furono coerentemente recuperate e accostate a due a due, non solo per tipologia ma anche per materiale e dimensioni, dall’architetto che realizzò il tempio paleocristiano attraverso l’utilizzo di spolia di età imperiale.
Focalizzando l’attenzione sulle otto coppie di colonne, anziché sui singoli elementi di spoglio, ci si accorge che ciascuna coppia di sostegni è tutt’uno con l’arco che la sovrasta.
Quasi che l’architetto abbia voluto indicare, tramite l’orientamento e la disposizione a coppie del colonnato, le otto porte simboliche che si aprono nelle otto direzioni dello spazio, come in un’immaginaria rosa dei venti.

il vano centrale è delimitato da un peristilio anulare formato da sedici colonne
Interno del tempio di Sant’Angelo in Perugia

Nel tempio Sant’Angelo di Perugia protagonista è dunque l’otto, numero che richiama simbolicamente il messaggio escatologico e salvifico della vittoria di Cristo sulla morte terrena. L’8  rappresenta per i cristiani il dies octavus, la domenica dedicata al Messia. Al primo mattino dopo il sabato, giorno in cui Cristo sconfisse la morte, fa infatti riferimento l’evangelista Luca: «Nel primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono al sepolcro portando con sé gli aromi che avevano preparato» (Lc. 24, 1).
Il dies octavus è nel Nuovo Testamento il giorno della resurrezione di Cristo.
Si tratta indubbiamente di una cifra dalla valenza sacra già ricorrente nel Vecchio Testamento [1] che solo con l’avvento del cristianesimo acquisì un significato nuovo, rivestendosi di una prospettiva di salvezza. [2]
Si sa che per gli Ebrei  il settimo e ultimo giorno della settimana è il sabato, giorno che – come si legge nel libro della Genesi – Dio benedisse e consacrò poiché fu nel settimo giorno che il Signore portò a termine il creato e cessò il suo lavoro (Gen 2, 1-4).
Secondo Paolo Farinella l’ottavo giorno, come viene chiamato dai primi cristiani il giorno che segue il sabato ebraico, avrebbe addirittura finito per rappresentare «uno stendardo che distingue ormai i giudei-cristiani dagli Ebrei e dai pagani, e conferisce loro una nuova identità». [3]

La valenza salvifica attribuita dai primi cristiani al giorno ottavo si chiarisce soprattutto alla luce di una lettera che Agostino d’Ippona scrisse, all’inizio del v secolo, in risposta ai quesiti di Gennaro:
«La domenica invece è stata indicata chiaramente come giorno sacro non per i Giudei, ma per i Cristiani per causa della risurrezione del Signore e da allora si cominciò a celebrarla come giorno di festa. (…) Di questa attività è simbolo l’ottavo giorno, ch’è pure il primo, poiché la risurrezione non elimina, ma glorifica il riposo (… ) Prima della risurrezione del Signore ai santi patriarchi pieni di spirito profetico non era certo nascosta l’allegoria dell’ottavo giorno con cui viene significata la risurrezione; infatti qualche salmo è intitolato “per l’ottava” e i bambini venivano circoncisi l’ottavo giorno dopo la nascita, e nell’Ecclesiaste, per simboleggiare i due Testamenti, si dice: Da’ loro sette parti e a quelli otto. Tale significato simbolico però rimane riservato e segreto e fu insegnato solo che si doveva celebrare il sabato. Infatti i morti godevano già il riposo ma non v’era ancora la risurrezione di nessuno fino a quando venisse chi risorgendo dai morti ormai non morisse mai più e la morte non dominasse più su di lui. Solo dopo avvenuta la risurrezione del corpo del Signore (…) si sarebbe cominciato a celebrare ormai la Domenica, ossia l’ottavo giorno, che è pure il primo». [4]
Ottenuto dalla somma di 1+7, il numero 8 potrebbe dunque essere diventato per i primi cristiani un simbolo di superamento e distinzione rispetto al 7 della tradizionale cultura giudaica.
L’ottavo giorno, simboleggiando una promessa di vita eterna oltre la morte, avrebbe così rappresentato un nuovo inizio oltre la fine, un alpha che segue l’omega finale anziché precederlo.

H (eta) è la lettera greca che corrisponde al numero 8 secondo la psefia.

Per comprendere meglio tutto ciò è utile fare riferimento ad una scienza dei numeri, già utilizzata nell’antica Grecia, chiamata psefia. Si tratta di un sapere che rivestì grande importanza nell’ambito del simbolismo numerico. La psefia consisteva nell’attribuire una quantità numerica a ciascuna delle 24 lettere dell’alfabeto greco, cominciando da alpha (il cui valore corrispondente è pari ad 1) e finendo con omega (il cui rispettivo valore numerico è 800) [5].
L’alfabeto veniva dunque  usato, oltre che per comporre fonemi, anche per esprimere quantità numeriche dalla valenza sacra, in grado di rivelare significati simbolici di natura magica e divina.
Isopsefia veniva poi chiamato un particolare sistema di calcolo, derivato direttamente dalla psefia, che consisteva nel sommare i valori numerici di una sigla (o di una parola formata da più lettere) per orttenere il valore numerico ad essa corrispondente: attraverso tale strumento si poteva attribuire a due o a più parole diverse (ma anche a sigle e a nomina sacra) lo stesso valore isopsefico, facendo sì che esse assumessero lo stesso significato simbolico.
Il gusto per l’isopsefia nel mondo greco di età imperiale è ben documentato da un’epigrafe rinvenuta su una parete del tempio di Iside (poi trasformato in tempio cristiano) che si trova nell’isola egiziana di Philai. Vi si legge: ις ψηφος ϑεος αγιος αγαϑος σπδ, ovvero «un solo numero: dio santo buono 284». Sommando attraverso il calcolo isopsefico i valori numerici ottenuti dalle tre parole: ϑεος (dio), αγιος (santo), αγαϑος (buono),  il risultato è sempre 284, numero ottenuto dalla somma di  σ (sigma = 200) +  π (pi = 80)  e δ (delta = 4) [6]

Si tratta di ambiti della numerologia che oggi possono far sorridere, apparendo inutili elucubrazioni sul significato simbolico dei numeri.
Eppure sappiamo che quelle consuetudini, già attestate in età ellenistica, furono ampiamente utilizzate anche dai Giudei e dai cristiani d’Oriente, così come dagli stessi padri della chiesa, primo fra tutti Agostino d’Ippona, che spesso ricorsero in esegesi al simbolismo numerico. Saper leggere il simbolismo di questi numeri significava – per chi ne fosse stato capace – comprendere verità rivelate.

Sorprendente è stato per me scoprire che all’interno del tempio paleocristiano di Sant’Angelo a Perugia esistono sigle isopsefiche, incise al di sopra di quattro colonne di età romana.
E ancor più sorprendente è stato per me verificare che la lettera greca eta (H), cui la psefia associa  il numero otto (8), rappresenta la lettera chiave di tutte e otto le iscrizioni del tempio perugino , iscrizioni che sono state oggetto di una mia approfondita indagine epigrafica, pubblicata online al seguente indirizzo:
https://www.academia.edu/5158483/VERA_DEUM_FACIES._A_proposito_delle_iscrizioni_greche_del_Tempio_di_SantAngelo_in_Perugia)
Tale simbolismo di rinascita e salvezza ci fa comprendere meglio l’importanza che la lettera eta, e di conseguenza il suo corrispondente valore numerico 8, potevano rivestire presso i primi cristiani.

Antonella Bazzoli
15 giugno 2013

NOTE:

[1]Il numero 8 nel Vecchio Testamento ritorna varie volte, sempre collegato a concetti di consacrazione o di attesa messianica: Davide è l’ottavo figlio di Jesse; la purificazione del Tempio avviene all’ottavo giorno, dura otto giorni e termina al sedicesimo; la circoncisione ordinata da Dio ad Abramo è prescritta per gli Ebrei all’ottavo giorno dalla nascita.

[2] P. Farinella, Sulla corda ottava incontro al Messia. Simbolismo cristologico del numero 8 nella Bibbia e nella tradizione giudaico cristiana, in «La Sapienza della Croce», n. 19, Roma, 2004, pp. 129-171, p. 148. Il tema complessivo è trattato dall’autore alle pp. 121-179

[3]Troviamo il simbolismo del numero 8 anche in un altro passo di Luca, particolarmente significativo a mio avviso, poiché si lega alla figura dell’Angelo che diede nome Gesù al figlio di Maria: «Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’Angelo prima di essere concepito nel grembo della madre» (Lc. 2, 21)

[4] «Dies tamen dominicus non Iudaeis, sed Christianis resurrectione Domini declaratus est, et ex illo habere coepit festivitatem suam. (…) Talem quippe actionem significat dies octavus, qui et primus, quia non aufert illam requiem, sed glorificat. (…) Quapropter ante resurrectionem Domini, quamvis sanctos patres plenos prophetico spiritu octavi sacramentum nequaquam lateret, quo significatur resurrectio (nam et pro octavo psalmus inscribitur, et octavo die circumcidebantur infantes, et in Ecclesiaste ad duorum Testamentorum significationem dicitur: Da illis septem, et illis octo); reservatum est tamen et occultatum, et solum celebrandum sabbatum traditum est: quia erat antea requies mortuorum; resurrectio autem nullius erat, qui resurgens ex mortuis, iam non moreretur, et mors illi ultra non dominaretur; ut postquam facta est talis resurrectio in corpore Domini (…), iam etiam dies dominicus, id est octavus, qui et primus, inciperet celebrari». Aurelius Augustinus Hipponensis, Epistolae, IV, 13. Traduzione dal sito www. augustinus. it.

[5] I valori numerici che la psefia fa corrispondere alle lettere dell’alfabeto greco sono i seguenti: Α=1 Β=2 Γ=3 Δ=4 Ε=5 Ζ= 7 Η=8 Θ=9 Ι=10 Κ=20 Λ=30 Μ=40 Ν=50 Ξ=60 Ο=70 Π=80 Ρ=100 Σ=200 Τ=300 Υ=400  Φ=500 Χ=600 Ψ=700 Ω=800. Le lettere Digamma, Qoppa e Sampi, corrispondenti ai valori 6, 90 e 900, scomparvero con l’assunzione dell’alfabeto ionico.

[6] Vedi M. Guarducci, Epigrafia greca, vol. IV, Epigrafi sacre pagane e cristiane, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1978, p. 469