Il numero del trigramma divino
Nell’opera di Marziano Capella Le nozze di Filologia e Mercurio, Filologia è una figura allegorica femminile che gli dei hanno deciso di dare in sposa a Mercurio. Filologia rappresenta la Conoscenza che può essere acquisita attraverso la Ragione, e per raggiungere il suo promesso sposo questo il personaggio allegorico femminile deve ascendere, passando da un cielo all’altro, attraverso i cerchi concentrici in cui si trovano i pianeti e in cui risiedono le corrispondenti divinità. Il viaggio di Filologia intrapreso per raggiungere Mercurio viene descritto da Marziano tappa per tappa,
e quando lei giunge in corrispondenza del quarto circolo celeste, lo spazio aereo in cui risiede il Sole, Filologia si ferma a pregare la divinità solare, significativamente chiamata “suprema immagine della mente divina“.
In questo quarto cerchio risiede infatti l’astro che tutti i popoli ovunque adorano fin dai tempi più remoti, l’astro che per tutti rappresenta la Mente divina, seppure chiamato con nomi diversi e rappresentato con simboli che possono variare da un luogo all’altro, da un’era all’altra.
Trovo interessantissima la preghiera che Filologia rivolge al Sole nell’opera di Marziano, preghiera che vi propongo in lingua originale, accompagnata dalla traduzione di Ilaria Ramelli.
Il testo in latino recita: “Salve, vera deum facies vultusque paterne, octo et sescentis numeris cui littera trina, conformat sacrum mentis cognomen et omen da, pater, aetherios superum conscendere coetus astrigerumque saco sub nomine noscere caelum.
La traduzione in italiano è la seguente: “Salve, o autentico aspetto dei numi e volto del padre, cui, con il numero seicentootto, tre lettere formano il nome sacro della mente e il suo segno. Concedi, o padre, di ascendere alle accolte celesti degli dèi e sotto il sacro nome conoscere il cielo stellato”.
Filologia saluta il sole chiamandolo “vero volto degli dèi” (vera deum facies) e definendolo “sacro nome della Mente divina“. Filologia volutamente non rivela il sacro nome del dio Sole, ma lascia chiaramente intendere che esso è formato soltanto da tre lettere! Dunque si tratta di un trigramma e Filologia aggiunge che tale trigramma corrisponde al numero seicentotto (608).
Marziano non svela nella sua opera quali siano le tre lettere dell’alfabeto che si celano dietro le corrispondenti cifre numeriche, poiché si tratta di lettere sacre che, in quanto tali, non possono essere pronunciate e rivelate.
Tuttavia, attraverso l’uso della psefia , antica scienza dei numeri che faceva corrispondere ad ogni lettera dell’alfabeto greco una cifra numerica, si scopre un’equivalenza tra il numero 608 e la somma dei valori dei tre caratteri greci: phi (500), rho (100) ed eta (8). Sommando infatti 500 +100 + 8 otteniamo 608, cifra corrispondente isopseficamente al trigramma φ Ρ Η [2]. Si tratterebbe di un antichissimo teonimo di origine egizia che fa riferimento alla divinità solare Rê (o Râ) [3] , teonimo che peraltro è anche attestato da un’iscrizione, intagliata su diaspro, che si conserva nel Museo Archeologico Nazionale di Roma[4].
Le implicazioni di carattere linguistico, storico e filosofico della preghiera al Sole, che Marziano fa pronunciare al personaggio di Filologia, meriterebbero a mio avviso ulteriori ricerche e approfondimenti.
Qui vorrei solo aggiungere che è a dir poco stupefacente la corrispondenza tra i caratteri del trigramma ω Ρ Η, da me studiato sulle epigrafi incise sui capitelli della chiesa Sant’Angelo di Perugia intitolata all’arcangelo Michele, e i tre caratteri del trigramma egizio φ Ρ Η. Mentre in quest’ultimo vediamo il carattere phi che funge da articolo e poi a seguire le lettere rho ed eta, nel trigramma perugino vediamo al posto del φ (phi) l’ ω (omega) e poi, a seguire, le medesime lettere dell’alfabeto greco: il rho e l’ eta).
La mia ipotesi è che si tratti di un fenomeno di sincretismo religioso, attraverso il quale il teonimo di antica tradizione egizia potrebbe essere stato assorbito dal nuovo credo cristiano, senza escludere passaggi intermedi, magari attraverso correnti di tipo gnostico e/o mitraico.
Che i fenomeni di sincretismo religioso si prestino facilmente a divergenti e incerte interpretazioni, lo provano anche i vari tentativi di svelare il segreto del misterioso numero 608 (cifra dietro la quale si celerebbe il nome sacro e impronunciabile del dio Sole), come quelli dei due tra i più noti commentatori medievali di Marziano Capella: Remigio d’Auxerre e Giovanni Scoto Eriugena.
Secondo Remigio d’Auxerre il simbolico numero della Mente divina si otterrebbe sommando i valori numerici corrispondenti alle lettere greche: tau (300), eta (8), tau (300), ovvero le tre lettere che formano il teonimo T H T. Forte è la somiglianza di questo nome divino con quello dell’antico dio egizio Thot, che come è noto aveva la funzione di psicopompo, ovvero di pesatore delle anime, proprio come l’arcangelo Michele nella cultura giudaico-cristiana!
Secondo Giovanni Scoto Eriugena, per citare un altro esempio di interpretazione da parte di un commentatore medievale del testo di Marziano, la cifra sacra 608 si otterrebbe invece dalla somma dei valori numerici: eta (8), ipsilon (400) e sigma (200), corrispondenti al teonimo egizio H Y C [5]. Come non pensare ad Hlyos, nome greco del dio Sole!
Nonostante la divergenza tra le due letture, va notato che entrambi i teonimi costituiti da tre letterem sono tra loro isopsefici (ovvero corrispondono allo stesso valore numerico) e si riferiscono, proprio come la sigla φ Ρ H, a divinità dal carattere solare di antica tradizione egizia.
L’uso dell’isopsefia per siglare i nomi divini attraverso simboli alfabetici considerati sacri, non venne meno con l’affermarsi del cristianesimo, tanto è vero che troviamo documentata tale usanza in diverse sigle epigrafiche copte, tardo antiche e medievali, alcune delle quali conservate fino a noi sia in Oriente che in Occidente.
Da un’iscrizione cristiana rinvenuta nell’antica Filippopoli di Tracia , ad esempio, proviene un interessante confronto epigrafico: si tratta della sigla ω Π Η [6], formata dalle tre lettere greche omega, pi e eta.
Mi ha colpito la somiglianza di questo trigramma paleocristiano ω Π Η con la sigla pure altomedievale ω Ρ Η, che vediamo incisa intorno al VII secolo, per volontà di scalpellini di lingua e provenienza greca, su alcuni dei capitelli del tempio di Sant’Angelo a Perugia. L’unica differenza tra i due trigrammi sta nel carattere centrale che rappresenta un Π (pi) greco nella sigla di Filippopoli, ma un P (rho) in quella di Perugia.
Infine vorrei far notare un altro aspetto sorprendente nel simbolismo della sigla ω Π Η di Filippopoli: esso infatti corrisponde isopseficamente al nome di Cristo in lingua greca: Ιησουσ. Sommando infatti i valori psefici 800 (ω) + 80 (π) + 8 (η) ricaviamo il numero 888, equivalente alla somma dei valori espressi dalle singole lettere che compongono il nome greco di Gesù: I ( 10) + η ( 8 ) + σ (200) + ο (70) + υ (400) + σ (200) = 888. La sigla di Filippopoli rappresenterebbe dunque, in forma criptata e attraverso il calcolo isopsefico, il nome del Messia, figlio di Dio.
Curioso è poi scoprire che nella sua Dissertazione del 1792 l’erudito Baldassarre Orsini riferiva di aver visto iscrizioni simili a quelle del tempio di Sant’Angelo anche all’interno della chiesa di Sant’Angelo Magno ad Ascoli Piceno. Si tratta di un ulteriore interessante confronto, non solo perché le due chiese sono entrambe intitolate all’arcangelo Michele, ma anche perché l’iscrizione citata dall’Orsini ha molti aspetti in comune con le epigrafi da me studiate nel tempio paleocristiano perugino. L’epigrafe di Ascoli si trova sull’abaco di un capitello corinzio, incisa al di sopra di una colonna in granito grigio, collocata in prossimità dell’altare maggiore[7]. La sigla è N W λ Η (anche se l’Orsini la interpretò come H Y M N ritenendo che i caratteri fossero rovesciati) e sebbene non si tratti di un trigramma ma di un tetragramma, è comunque evidente il collegamento tra questa iscrizione e quelle del tempio di Sant’Angelo.
Quasi per gioco mi sono ritrovata infatti a sommare i valori numerici del tetragramma di Ascoli e con grande sorpresa mi sono accorta che anche in questo caso si tratta di una sigla isopsefica. Sommando i valori corrispondenti ai caratteri che compongono l’iscrizione N W λ Η, cioè 50 (N) + 800 (W) + 30 (λ) + 8 (Η) si ottiene infatti ancora una volta il sacro numero 888, che come abbiamo appena visto corrisponde esattamente al valore psefico del nome greco di Ιησουσ.
Anche il tetragramma di Ascoli, dunque, come quello di Filippopoli, sarebbe dunque servito a rivelare il sacro mistero del nome di Gesù a chi fosse stato in grado di comprenderlo.
[1] Marziano Capella 2004, II, 188-192, pp. 100-101.
[2] Dal IV libro della Refutatio di Hippolytus si apprende che il trigramma φρη era usato a scopo magico per designare un daimon. Cfr. Mastrocinque 2004, p. 106.
[3] Marziano Capella 2004, note al libro II, p. 819. Si noti anche la corrispondenza tra il teonimo φρη e il termine φρην, che in greco esprime il concetto di «mente».
[4] Mastrocinque 2004, p. 100
[5] Marziano Capella 2004, note al libro II, pag. 819.
[6] L’epigrafe ωπη, secondo il Grègoire, sarebbe una sigla gnostica (cfr. Grégoire, La nouvelle Clio, 4, 1952, pp. 373-377).
[7] Riferendosi alla chiesa di Ascoli intitolata all’Arcangelo Michele, l’Orsini osservava che: «le ultime due arcate verso l’altar grande sono sostenute da due colonne di granito bigio (…). Hanno esse i capitelli di marmo, d’ordine corintio, di bellezza straordinaria, e nell’abaco di quello che è a sinistra vi sono a rovescio segnate queste lettere HYMN» (cfr. Orsini 1790, pp. 171-173).
di A. Bazzoli – 7 ottobre 2015
Per approfondimenti: “Vera deum facies. A proposito delle iscrizioni greche del tempio di Sant’Angelo in Perugia” di Antonella Bazzoli
Download gratuito dell’intera pubblicazione all’indirizzo:
https://www.academia.edu/5158483/VERA_DEUM_FACIES._A_proposito_delle_iscrizioni_greche_del_Tempio_di_SantAngelo_in_Perugia