Babbo Natale, San Nicola e il solstizio invernale
Babbo Natale , il vecchio barbuto con il vestito rosso e la slitta trainata da renne volanti, è realmente esistito o è soltanto un’invenzione?
La figura di Papà Noel è leggendaria e nasce solo nel 1822 dalla penna di Clement Clarke Moore, autore del magico racconto “A visit from St. Nicholas”.
Tuttavia anche se Babbo Natale non è mai esistito, il suo personaggio non nasce dal nulla, ma deriva invece da una figura di santo realmente esistita che i cristiani veneravano fin dall’alto medioevo.
Sanctus Nikolaus, ovvero san Nicola, è conosciuto anche come Santa Klaus ed è celebrato il 6 dicembre in molti paesi del Nord Europa
Nicola è un santo di origine orientale, vissuto nel IV secolo, che fu vescovo di Mira, città in cui morì il 6 dicembre dell’anno 350 circa.
I suoi miracoli sconfinano nella leggenda: si narra ad esempio che san Nicola abbia aiutato un uomo, un tempo molto ricco, ma poi improvvisamente caduto in disgrazia, il quale sarebbe stato pronto a far prostituire le proprie tre figlie non sapendo come procurare loro la dote per maritarsi. Il santo sarebbe intervenuto di notte per salvare le tre giovani dal terribile destino che le attendeva, introducendo in casa, mentre tutti dormivano, tre sacchi pieni di monete d’oro per tre notti consecutive. Secondo un’altra versione della stessa leggenda, il generoso vescovo di Mira avrebbe offerto in dote alle tre ragazze una pepita d’oro ciascuna.
Ecco perché in quasi tutte le opere d’pittoriche che rappresentano san Nicola, vediamo tre sacchi pieni di monete oppure tre sfere d’oro. Tali attributi ci consentono di identificare san Nicola da Mira, che in genere indossa mitra pastorale, tipici simboli vescovili.
Nel polittico realizzato nel 1437 dal Beato Angelico per la cappella della famiglia Guidalotti di Perugia (l’opera si trovava nella chiesa perugina di San Domenico ma oggi è esposta nella Galleria Nazionale dell’Umbria), san Nicola è riconoscibile dai tre sacchetti di monete d’oro rappresentati ai suoi piedi (v. foto).
La vicenda agiografica di san Nicola si lega anche al leggendario ritrovamento delle sue reliquie, che dopo essere state sepolte per secoli in Asia Minore, furono trafugate per essere traslate in Occidente. Un vero e proprio “furto sacro” che fu reso possibile dopo l’attacco sferrato dai Saraceni al villaggio turco di Mira. A contendersi il corpo del vescovo furono due città marinare italiane, Venezia e Bari.
Dal porto di quest’ultima partirono nel 1087 tre navi, con a bordo sessantadue marinai. La spedizione raggiunse il villaggio di Mira dove il sepolcro di san Nicola fu ritrovato e le reliquie vennero trasportate via mare, per essere poi traslate e sepolte nella cattedrale di Bari, dove ancora oggi sono venerate dai devoti.
I Veneziani arrivarono per secondi, ma non si rassegnarono e nel 1099, al tempo della prima crociata, si recarono anche loro nel villaggio di Mira sperando di trovare qualche reliquia sfuggita alla precedente spedizione barese. Piccoli frammenti ossei sarebbero stati trovati in un ambiente non lontano dal sepolcro profanato, e ciò permise ai Veneziani di consegnare le sante reliquie all’abbazia di San Nicolò del Lido. Allo sbarco della spedizione a Venezia, la gioia fu tale che il santo fu proclamato protettore della flotta della Serenissima.
San Nicola fu a lungo considerato il protettore dei naviganti, e per questo fu invocato anche contro le tempeste. Un altro suo miracolo riguarda la liberazione di tre innocenti, ingiustamente condannati a morte dall’imperatore.
Considerando le varie fonti agiografiche, colpisce il fatto che il sacro numero “tre” torni ripetutamente, e sempre con valore altamente simbolico: tre furono le navi partite per Mira, tre gli innocenti salvati dal santo, tre le figlie femmine salvate dal loro triste destino, tre le notti impiegate dal santo per aiutarle, tre i sacchi di monete offerti, tre le pepite d’oro diventate suo attributo…
La presenza costante e ricorrente di queste triadi si ricollega, a mio avviso, alla simbologia dei tre simbolici doni offerti dai Magi a Gesù e, soprattutto, al simbolismo del solstizio d’inverno, periodo dell’anno in cui il sole raggiunge il suo massimo declino sopra l’orizzonte.
Osservando infatti il cielo dal 21 al 24 dicembre, l’astro appare fermo tre giorni sopra l’orizzonte, da cui il termine solstizio (dal latino solstitium, che deriva dall’unione dei termini sol, ovvero sole, e sistere, ovvero arrestarsi).
Il sole, dopo i tre giorni di arresto apparente, riprende il proprio movimento graduale verso l’alto, per raggiungere solo il 21 giugno il culmine del proprio movimento apparente, in corrispondenza dell’arrivo del solstizio d’estate.
Possiamo interpretare simbolicamente quei tre giorni di “arresto del sole” come un’immagine di “morte apparente” che reca con sé un messaggio salvifico di vita oltre l’esistenza terrena, di rinascita oltre la morte.
E’ interessante notare che il simbolismo del solstizio invernale, come vittoria della luce sul buio torna nuovamente, con lo stesso significato di tipo salvifico, anche nel periodo di Pasqua, ovvero nei tre giorni che intercorrono tra la morte di Cristo e la sua resurrezione.
di Antonella Bazzoli – 6 dicembre 2010, aggiornato dicembre 2021