Porta Marzia e il mito dei fratelli fondatori
Edificata probabilmente tra la fine del IV e l’inizio del III a.C., Porta Marzia è l’entrata sud della cinta muraria etrusca di Perugia che conserva il proprio imponente arco a tutto sesto in travertino, incastonato nella cortina a mattoni della Rocca Paolina (la fortezza che papa Paolo III fece edificare nel 1540 dopo i tragici fatti della Guerra del Sale).
Dobbiamo ringraziare l’architetto militare del papa, Antonio da Sangallo il Giovane, per aver salvato questo meraviglioso monumento di età etrusca dalla distruzione: smontandolo pietra per pietra il Sangallo spostò infatti l’antico arco dalla sua posizione originale e lo ricollocò quattro metri più avanti, a fare da cornice trionfale allo stemma del papa Farnese.
Uscendo dalla fortezza papale notiamo per prima cosa che l’architettura di Porta Marzia risulta particolarmente ricca di elementi decorativi, differenziandosi in tal modo dal disegno meno estetico e più funzionale che caratterizza invece la porta a nord di Perugia: il cosiddetto Arco di Augusto o Porta Pulchra. Quest’ultimo, integralmente conservato e restaurato di recente, mostra infatti un’architettura di tipo militare, caratterizzata da due alti torrioni laterali, utilizzati un tempo come macchine belliche, e da un secondo arco superiore (oggi tamponato) che in caso di assedio doveva servire a lanciare dall’alto dardi e pietre sui nemici.
Osservando la decorazione di Porta Marzia si può supporre che l’ingresso meridionale delle antiche mura perugine sia stato progettato non solo a scopo difensivo, ma anche per motivi di natura religiosa ed autocelebrativa.
Dalla finta loggia che caratterizza la parte superiore dell’arco in travertino, si affacciano cinque figure scolpite nel tufo che ci ricordano modelli ellenistici.
Al centro vi è un busto identificato con Zeus (l’etrusco Tinia) mentre ai suoi lati due figure, purtroppo rimaste acefale, sono state identificate con Castore e Polluce, affiancati dai rispettivi destrieri. Il culto dei Dioscuri era indubbiamente molto diffuso in età repubblicana nei vari territori colonizzati dai Romani. Si pensi ad esempio alle vestigia dell’antica Carsulae, dove sono ancora visibili i resti di due grandi edifici sacri dedicati appunto ai Dioscuri. E si pensi alla colonia romana di Asisium (Assisi), dove nel sottosuolo di Piazza del Comune si può ancora visitare quella che un tempo era l’area sacra dotata di un tempio e di un tetrastilo, molto probabilmente intitolati a Castore e a Polluce.
E’ dunque probabile che anche nella Perugia etrusco-romana il culto dei Dioscuri fosse particolarmente sentito.
Non si può tuttavia escludere, a mio avviso, che queste figure abbiano rappresentato, per gli etruschi di Perugia, un’ autocelebrazione del mito di fondazione della città.
Un’ ipotesi interpretativa identificherebbe le due sculture acefale con i fratelli etruschi Auleste ed Ocno, i due mitici conditores che secondo l’antica saga avrebbero fondato rispettivamente: Perugia il primo, Bologna e Mantova il secondo.
La tradizione vuole infatti che Perugia sia stata fondata dall’eroe etrusco Auleste, quello stesso personaggio che Servio, nel commento al X libro dell’Eneide, definisce “padre o fratello di Ocno“. Servio riferisce che Ocno si sarebbe allontanato dal fratello Auleste per andare a fondare le nuove città di Felsina (Bologna) e di Mantova, evitando in tal modo di litigare con il fratello Auleste.
Come ha giustamente sostenuto il professore Filippo Coarelli, è possibile che Ocno ed Auleste abbiano avuto un ruolo rilevante non solo nella colonizzazione etrusca della Val Padana, ma anche in quella del territorio umbro e toscano. Se ciò fosse confermato, le due sculture di Porta Marzia potrebbero davvero rappresentare i mitici fratelli fondatori di Perugia, opportunamente collocati a sud, sopra la porta che guarda verso Roma, forse anche a giustificare la stretta alleanza tra le due città.
A rendere più concreta la mitica leggenda della fondazione etrusca di Perugia concorre il rinvenimento di alcune iscrizioni che attestano la forma Aulste o Auluste, forma neoetrusca ricavabile dai gentilizi Aul(u)stna / Aul(u)stni, nomi appartenuti a famiglie di Chiusi che probabilmente riconoscevano proprio nel re Auleste di Perugia il proprio progenitore.
Sappiamo che il nome Auleste si trasformò nel corso del medioevo in Euliste. E sappiamo anche che il mito di questo eroe fondatore di origini etrusche risultava ancora vivo e sentito nel corso del tredicesimo secolo.
Infatti tra i rilievi della Fontana Maggiore (il monumento cittadino che il libero e potente Comune di Perugia commissionò a Nicola e Giovanni Pisano nel 1278) la figura del conditor Euliste è posta esattamente all’estremità nord della vasca superiore. Una collocazione tutt’altro che casuale che a mio avviso intendeva esaltare il ruolo da protagonista del mitico fondatore, peraltro significativamente affiancato dall’arcangelo Michele in veste di guerriero che guarda a settentrione dove fin dall’alto medioevo era ubicato il suo santuario, il tempio Sant’Angelo.
Il difensore degli eserciti celesti e di quelli terreni sta dunque alla destra di Euliste, mentre il sacerdote Melchisedek sta alla sua sinistra. Affiancano poi le tre figure centrali, formando un gruppo coerente di cinque personaggi, il podestà ed il capitano del popolo che sappiamo essere stati in carica a Perugia nel 1278. Non è certo un caso che il gruppo sia formato da cinque figure, come avviene peraltro ad ovest con il gruppo di Roma, e a sud con quello di Perugia. Che vi sia un sottile riferimento simbolico alle cinque figure che si affacciano al di sopra di Porta Marzia?
Tutt’altro che casuale è anche la posizione di Auleste a nord della vasca poligonale: se infatti partendo dalla figura del fondatore etrusco tracciamo un asse immaginario in direzione nord/sud, troviamo il rilievo che rappresenta l’ allegoria di Perugia (qui raffigurata nelle vesti di una fiera matrona con la cornucopia in mano), collocata in esatta corrispondenza all’angolo opposto della vasca poligonale.
Roma poteva vantare una saga di fondazione che risaliva a Romolo e Remo e infatti nel bacino inferiore della fontana, in corrispondenza delle cinque figure che fanno riferimento a Roma, troviamo i rilievi dei due gemelli da adulti, della loro madre Rea Silvia e della mitica Lupa che li allattò da neonati.
Il Comune guelfo di Perugia, alleato con Roma fin dal III secolo a.C., poteva a sua volta vantare antiche ed illustri origini grazie alla leggenda di fondazione del mitico personaggio Auleste!
L’ intento autocelebrativo è confermato anche dal fattio che il ricco e indipendente Comune perugino commissionò proprio in quegli stessi anni un poema epico al maestro Bonifacio da Verona, definito dai suoi contemporanei “magister in astrologia et in versificando”.
Era il 1293 quando il rinomato letterato finì di comporre in esametri l’ Eulistea. Purtroppo in seguito l’opera andò perduta, ma nel corso del medioevo l’antica saga era ancora conosciuta e fu certo motivo di vanto per i cittadini di Perugia, da sempre orgogliosi delle proprie mitiche origini etrusche.
di Antonella Bazzoli – 23 luglio 2011