Il mistero del capitello di Spoleto
Una tra le più interessanti chiese romaniche dell’Umbria si trova a Spoleto, sulle pendici del colle Ciciano. Si tratta della chiesa di San Ponziano, la cui cripta originale è caratterizzata da cinque absidi e tre piccole navate. Al suo interno si possono ammirare affreschi del XIV e XV secolo, tra cui un bellissimo Michele Arcangelo trecentesco, oltre ad epigrafi e graffiti lasciati dai pellegrini.
Interessante è anche il materiale di spoglio di età classica, proveniente da edifici dell’antica colonia romana Spoletium.
Una consuetudine molto diffusa, nel corso del medioevo, era infatti quella di recuperare materiale lapideo da edifici preesistenti, non più frequentati, e riadattarlo per utilizzarlo nella costruzione di nuovi edifici di culto cristiano.
Anni fa, visitando la bellissima cripta edificata in forme romaniche poco fuori le mura medievali di Spoleto (in prossimità della chiesa paleocristiana di san Salvatore), mi colpì in particolare un capitello di spoglio in stile composito, che si vede collocato in posizione rovesciata alla base di una colonna (v. foto). A differenza degli altri sostegni di spoglio presenti nella stessa cripta, il capitello capovolto non subì stranamente il taglio che sarebbe stato necessario per adattare l’altezza della colonna a quella della volta a crociera. Ad essere modificato fu invece il piano di calpestio su cui poggia il capitello in questione: sotto di esso si nota infatti un avvallamento del pavimento, una sorta di scavo fatto intorno al capitello, effettuato forse per sottolineare la valenza simbolica del capitello stesso, o del punto su cui esso poggia.
Al di sotto del capitello il pavimento presenta infatti una sorta di affossamento artificiale, dal perimetro quadrangolare, verosimilmente creato allo scopo di valorizzare l’elemento stesso, o il punto in cui esso sembra affondare.
In altre parole il capitello rovesciato di Spoleto sembra avere un valore simbolico e non soltanto funzionale a fini architettonici.
Osservandolo ancor più nel dettaglio, si notano tre grandi fori scolpiti nella pietra: i due superiori sono a forma di mezza luna mentre quello inferiore ha una forma quasi circolare. Come si vede nella foto i tre fori scavati nella pietra danno al capitello un aspetto antropomorfo, richiamando due occhi aperti e una bocca spalancata.
Forse quella sorta di buca nel pavimento strombata e concava, evidentemente ricavata al di sotto del capitello per metterlo in evidenza, potrebbe essere stata scavata con l’intenzione di indicare un luogo investito di sacralità e quindi degno di memoria e venerazione.
La mia ipotesi è che si tratti del luogo di sepoltura, o forse del luogo del martirio, di un santo locale.
L’affossamento nel pavimento potrebbe anche aver voluto indicare un luogo di culto tradizionalmente legato a qualche evento epifanico o miracoloso, divenuto poi oggetto di frequentazione e venerazione all’interno di un santuario terapeutico.
Mi sembra interessante a questo proposito ricordare l’esistenza di un’epigrafe secentesca (ma derivata da un’iscrizione molto più antica) che testimonia la presenza, sul colle Ciciano di Spoleto, di una pieve paleocristiana con funzione battesimale intitolata a San Michele Arcangelo. In quella antichissima pieve venivano concesse importanti indulgenze nel mese di maggio, e non è certo un caso che la festa del principe degli angeli cada proprio l’8 di maggio. Il santuario micaelico fu priobabilmente edificato dopo il 428, poiché nella stessa epigrafe viene ricordato che in quell’anno erano consoli Flavius Constantius Felix in occidente e Flavius Taurus in oriente. I nomi dei due consoli, Felice e Tauro, corrispondono evidentemente a quelli dei santi Felice e Mauro , la cui leggenda agiografica è descritta anche dai rilievi romanici scolpiti lungo il fregio della facciata di San Felice di Narco in Valnerina, dove i due eroi sauroctoni sono rappresentati nell’atto di sconfiggere il drago con l’aiuto dell’arcangelo Michele.
Queste ed altre interessanti notizie si possono trovare nello scritto di don Mario Sensi, dal titolo “La preghiera di intercessione nelle tavolette votive. L’esempio di Spoleto“, dove lo studioso ipotizzava che la cripta di San Ponziano fosse sorta al posto di un più antico santuario terapeutico, con funzione polivalente, nello stesso luogo di culto del colle Ciciano già legato in precedenza alla sacralizzazione delle acque e alla venerazione dell’arcangelo Michele.
Dieci tavolette votive del primo Seicento provenienti da questa cripta, studiate da Sensi, dimostrerebbero l’antica funzione polivalente di questo luogo come santuario terapeutico, in particolar modo per quanto riguarda le guarigioni da febbre che, sempre secondo lo studioso, farebbero pensare ad un santuario micaelico sorto ad instar nello spoletino, sul modello del santuario garganico.
Alcuni degli ex voto rimandano alla febbre malarica tipica di aree non bonificate presso fiumi, come quella in cui si trova San Ponziano e come anche l’area in pianura in cui sorge l’abbazia di San Felice di Narco.
Una delle tavolette votive, la più antica, è dedicata alle anime purganti, con evidente collegamento non solo alla funzione cimiteriale di questa zona di Spoleto, ma anche alla funzione psicagoga e psicopompa dell’arcangelo Michele, da sempre invocato come accompagnatore delle anime in cielo.
Ben otto tavolette votive che si trovavano nella cripta sono invece dedicate al culto di Maria, un tempo venerata come Madonna della Febbre, facendo pensare ancora una volta alla febbre malarica provocata dall’impaludamento delle acque fluviali ai piedi della città.
Ecco perché all’interno della cripta di san Ponziano vi sono vari affreschi legati al culto della Vergine e dell’arcangelo Michele, mentre mancano riferimenti iconografici al santo martire cui la chiesa, sorta sul luogo della sua tomba, è intitolata.
Secondo la tradizione, Ponziano sarebbe stato decapitato presso il ponte Sanguinario di Spoleto, lungo l’antica via Flaminia. Nel momento della decollazione la testa mozzata del santo avrebbe fatto tre lunghi balzi, fermandosi nel punto in cui una fonte d’ acqua purissima avrebbe preso a zampillare. Dove l’acqua sorgiva e salutare scaturì miracolosamente dal terreno, in seguito furono costruite la tomba del martire e la chiesa a lui dedicata.
Alla luce di tutto ciò la mia ipotesi è che qualcuno abbia voluto dare un aspetto antropomorfo al capitello di San Ponziano riutilizzato come base di colonna, per sottolineare la valenza sacra del luogo esatto in cui secondo la tradizione il martire Ponziano sarebbe stato sepolto dopo aver subito la decapitazione.
Il misterioso capitello di San Ponziano potrebbe allora voler rappresentare simbolicamente il capo decollato del martire e patrono di Spoleto, ancora oggi venerato il 14 gennaio, giorno in cui subì il martirio.
Né si può escludere, a mio avviso, che in corrispondenza del capitello rovesciato vi fosse in origine una fonte d’acqua ritenuta terapeutica e miracolosa, probabilmente legata ad un preesistente culto micaelico e alla sacralizzazione delle acque a scopo terapeutico, attestata sul colle Ciciano.
Tornando al culto di san Ponziano, una tradizione locale narra che una scossa di terremoto avrebbe accompagnato il drammatico momento della decapitazione del santo. Per questa ragione il martire di Spoleto cominciò ad essere invocato come protettore dai terremoti.
Si tramanda inoltre che la prima scossa di una lunga serie di terremoti che colpirono l’Umbria meridionale all’inizio del XVIII secolo, ebbe luogo proprio in occasione dell’anniversario della sua festa: era il 14 gennaio del 1703 quando la terra tremò violentemente, e il fatto che non vi sia stata nessuna vittima nella città di Spoleto fu considerato un miracolo effettuato da san Ponziano.
Da quel giorno nacque una profezia: “Spoleto tremerà, ma non cadrà”. E ancora oggi c’è chi si rivolge al martire spoletino per chiedere protezione dai terremoti, che purtroppo ogni tanto tornano a colpire quest’ area sismica dell’Appennino centrale.