La vendetta di Cristina
Figlia del re Gustavo Adolfo il Grande, convinto difensore della riforma luterana che morì nella guerra dei Trent’anni, Cristina venne al mondo nel 1626 e a soli sei anni salì sul trono di Svezia.
Governò il proprio paese per ben dieci anni, dai diciotto ai ventotto, fin quando decise di abdicare a favore del cugino Carlo Gustavo. A soli venti anni entrò in contrasto con il cancelliere e con la reggenza, che tentavano in tutti i modi di farla sposare per assicurare un erede al trono di Svezia. Cristina però rimase sempre contraria all’istituto del matrimonio. Lo testimoniano alcune sue dichiarazioni, divenute celebri, con le quali la regina così spiegava il proprio rifiuto agli alti dignitari del suo regno: “Il matrimonio provoca in me una tale ripugnanza che non so quando sarò in grado di vincere”.
La sua repulsione era soprattutto verso l’atto sessuale che si consuma tra uomo e donna, e a tal proposito pare che abbia addirittura affermato:
“Non sopporto l’idea di essere usata da un uomo nel modo in cui un contadino usa i suoi campi”.
Sono note invece le sue passioni per donne di straordinaria bellezza, come quella per la contessa Ebba Sparre, detta Belle, della quale Cristina fu innamorata per lungo tempo.
E’ facile immaginare che il comportamento della sovrana sia stato giudicato scandaloso e sia stato spesso al centro di commenti e pettegolezzi.
In molti la descrissero come una donna rude, eccentrica e mascolina. Aveva spesso i capelli in disordine e le mani sporche d’inchiostro. Non era certo bella con il suo enorme naso e con una spalla più alta dell’altra. Ma del suo aspetto fisico non doveva importarle più di tanto se, nonostante la bassa statura e la corporatura piuttosto grassa, non portava le alte calzature delle dame di corte, e preferiva indossare scarpe basse maschili, di marocchino nero.
Anche la sua voce poteva divenire dura e maschile, e pare che dal doppio mento le spuntassero peli di barba. Tuttavia le descrizioni che la riguardano parlano di una persona dal carattere sempre allegro, dallo spirito libero e dallo sguardo pieno di ardore e di dolcezza.
Donna intelligentissima, colta e curiosa, Cristina non era interessata alle lotte di religione e cercò sempre di perseguire la pace piuttosto che la guerra. Tra i suoi interessi e le sue passioni ci furono l’arte, la cultura e l’ambiente mondano della corte francese. Per questo amò circondarsi di intellettuali e di artisti, tra cui anche il filosofo René Descartes, che la regina volle a corte per apprendere dal suo grande genio la matematica e la filosofia.
La sovrana si convertì nel 1654 al cattolicesimo, abiurando la fede luterana, ma questa sua scelta religiosa (unita alla sua repulsione per un matrimonio che non avrebbe più potuto evitare se fosse rimasta regina di Svezia), a soli ventotto anni si vide costretta a rinunciare alla corona svedese. Fu così che Cristina finì per vivere da esule nella Roma barocca, dopo essere stata accolta da un fastoso corteo che la scortò fino a San Pietro, e dove sarebbe rimasta fino alla morte, frequentando accademie e ospitando presso la sua corte artisti e personaggi di fama del suo tempo.
La sua fu una vita eclettica e movimentata, vissuta all’insegna della cultura e della mondanità, dove tuttavia non mancò un episodio finito nel sangue che forse più di ogni altro segnò il suo destino in maniera irreversibile .
La vicenda, che per certi aspetti rimane inspiegabile, si lega ad un progetto politico molto ambizioso: la ex regina di Svezia voleva ottenere il Regno di Napoli dall’Europa cattolica che a quel tempo era divisa tra Francia e Spagna. Il suo piano fallì, probabilmente anche in seguito ai tragici fatti che la coinvolsero a Fontainebleau.
Era il 10 novembre del 1657 quando Cristina si trovava a Parigi, nel castello di Fontainebleau, ospite di Luigi XIV, il futuro Re Sole, pupillo di Mazzarino. Con l’astuto cardinale la regina cercò un’ alleanza politica, ma Mazzarino usò Cristina, e la rispedì a Roma con la promessa di azioni volte alla conquista del suo ambito nuovo regno. Quando Cristina scoprì di essere stata ingannata dal cardinale tornò a Parigi per punire coloro che l’avevano tradita.
A farne le spese fu il marchese di Orvieto Gian Rinaldo Monaldeschi, che Cristina accusò di aver fatto il doppio gioco. Il marchese venne pugnalato da due sicari all’interno della Galleria dei Cervi. Lo scandalo fu enorme, anche perché l’atroce assassinio era stato commesso nel castello del sovrano francese e per motivi del tutto personali.
Ci fu infatti chi insinuò che Gian Rinaldo non fosse solo uno scudiero di corte ma fosse stato l’amante di Cristina.
I Francesi non perdonarono Cristina per lo scandalo che aveva provocato e la invitarono a non rimettere mai più piede in Francia. Cristina se ne tornò così a Roma, dove si dedicò alle sue passioni di sempre, in particolare gli studi alchemici, la vita mondana e l’astrologia.
In virtù del suo legame intellettuale con letterati e sapienti, questa sovrana “illuminata” creò una serie di importanti Accademie.
Tredici anni dopo l’assassisio di Gian Rinaldo Monaldeschi, Cristina si riappacificò con i parenti orvietani della vittima, approfittando dell’occasione del Carnevale del 1680.
In quell’anno, infatti, fu istituita ad Orvieto la nuova Accademia teatrale “dei Misti” alla quale Cristina offrì la sua ambitissima protezione, suscitando nuove polemiche e molto stupore.
L’incredulità fu tanta perché Primo Principe della neonata Accademia era Paolo Antonio Monaldeschi, un parente stretto di Gian Rinaldo.
Messo da parte ogni rancore personale, gli Orvietani scelsero tuttavia di accettare la protezione della ex sovrana di Svezia, interpretando opportunisticamente l’offerta come un atto di pacificazione, da accettare per il bene della collettività.