Veronica, Berenice e la Vera Icona

Secondo una tradizione apocrifa Veronica sarebbe il nome della pia donna che con un panno di lino asciugò il volto insanguinato di Gesù, andandogli incontro mentre saliva al Calvario con la croce sulla spalla e la corona di spine sul capo.
Una figura femminile compassionevole e coraggiosa, ricordata ancora oggi nella sesta stazione della via crucis, ma il cui nome stranamente non è presente nei quattro vangeli sinottici. Non vi è alcuna evidenza infatti che si tratti di un personaggio realmente esistito.
Ciò nonostante c’è chi tende ad identificare la Veronica con un anonimo personaggio femminile citato nel Nuovo testamento: la cosiddetta emorroissa, ovvero la donna che dopo aver sofferto di emorragie per dodici anni, guarì solo in virtù della propria fede, semplicemente toccando un lembo della veste di Gesù. L’episodio è riportato dall’evangelista Matteo con queste parole: “Ed ecco una donna che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna guarì” (Matteo, 9, 20 – 22). Anche gli evangelisti  Marco (5, 25-35) e Luca( 8, 43 – 48) riferiscono lo stesso miracolo, aggiungendo ulteriori dettagli.

Affresco di santa Veronica con la reliquia della Vera Icona, Perugia, chiesa di Sant’Angelo

Mi sembra interessante confrontare la descrizione di questo episodio, con quella che giunge a noi da un testo apocrifo del II secolo, scritto in lingua greca e conosciuto come Vangelo di Nicodemo.
In questo apocrifo il nome dell’emorroissa guarita da Gesù è Berenice, corrispondente al greco Φερενίκη, letteralmente “portatrice di vittoria”, nome che deriva dall’unione del verbo φέρω (io porto) con il sostantivo νίκη (vittoria). L’assonanza tra Berenice e Veronica è talmente evidente da far pensare ad una latinizzazione del nome greco.

Volto di Cristo, affresco di Jacopo Torriti

Ciò che è certo è che nel corso del medioevo il nome Veronica finì per assumere anche un altro significato.
Nel XII secolo, infatti, Veronica era il nome dato alla preziosa icona su cui era riprodotto il volto di Cristo, una reliquia venerata e ritenuta miracolosa dai devoti e dai pellegrini di tutta l’Europa cristiana.
Sappiamo a questo proposito che nel 1191 il re francese Filippo II Augusto, mentre tornava dalla terza crociata,  si fermò a Roma da papa Celestino III per venerare la santa reliquia del panno di lino sul quale era impressa l’immagine del volto di Cristo.
Sappiamo anche che papa Innocenzo III stabilì, con una bolla datata 1208, che la processione della sacra immagine di Cristo (effigies Christi) avrebbe avuto luogo a Roma ogni prima domenica dopo l’Epifania. A tutti i pellegrini che si fossero recati a venerare la “preziosa immagine che i fedeli chiamano la Veronica” il papa concesse l’indulgenza.
Dai diari di due pellegrini inglesi giunti a Roma nel XIII secolo, Gervasio di Tilbury e Giraldo del Galles, scopriamo che il nome Veronica deriverebbe dalla contrazione linguistica del termine “vera icona”, con evidente riferimento alla reliquia conservata e venerata in San Pietro, ritenuta l’autentica immagine del volto di Gesù, miracolosamente impressa sul panno di lino.
La devozione per la preziosa icona chiamata Veronica è testimoniata anche da Dante, il quale così vi accenna nel XXXI canto del Paradiso: «Qual è colui che forse di Croazia, viene e a veder la Veronica nostra, che per l’antica fame non si sazia, ma dice nel pensier, fin che si mostra: Signor mio Gesù Cristo, Dio verace or fu sì fatta la sembianza vostra?» (vv.103 108).

di Antonella Bazzoli – 11/07/2016