Menhir e tombe di età villanoviana all’isola d’Elba

L’ipotesi più verosimile è che la cosiddetta Necropoli della Piana alla Sughera sia un complesso funerario sorto tra il II e il I millennio avanti Cristo.
Oggetto di studi più o meno approfonditi a partire dagli anni Settanta, questa grande necropoli si trova all’isola d’Elba, nel vasto altopiano soprastante il paese di Seccheto. Coltivato da sempre a «grano marzolino» – è ancora visibile un grosso «erpice» di ferro – questo sito conserva alcune tra le più interessanti testimonianze archeologiche elbane. Prima fra tutte, la grande sepoltura grossolanamente circolare (in origine forse coperta da un tumulo di terra) di cui oggi resta il basamento in pietra e il vano centrale per il defunto.
Nei pressi, altre sepolture segnalate da menhir (o «bètili») in granodiorite di varie dimensioni, collocati probabilmente in corrispondenza della testa del defunto.
E ancora, nei paraggi, un incredibile numero di pietre infisse nel terreno (le cosiddette «pietre fitte» riscontrabili anche in Corsica e nelle Baleari) che disegnano circoli simbolici o, più probabilmente, funerari. Si ricorda anche l’esistenza di una piccola sorgente, chiamata tradizionalmente Fonte alla Colonna, ma quella colonna non è altro che uno dei tanti menhir della necropoli.

Sempre all’Isola d’Elba, lungo il sentiero dell’Ecomuseo VIE DEL GRANITO – voluto e realizzato dall’associazione culturale LE MACINELLE di San Piero – si trova una necropoli più piccola, della dello Spino, un tempo disseminata di piccoli sepolcri a cassetta, riferibile alla cosiddetta cultura Villanoviana (900 avanti Cristo).
Questa tecnica di sepoltura prevedeva la cremazione del defunto. Le sue ceneri venivano poi collocate all’interno di un’urna in argilla munita di una ciotola/coperchio, la cosiddetta urna cineraria biconica. Intorno al recipiente veniva eretta una piccola struttura (cassetta) a base rettangolare, formata e coperta da lastre di granodiorite.
Nel sito della necropoli dello Spino sono attualmente visibili due di questi piccoli sepolcri. Non è improbabile che tale necropoli potesse essere relazionata al soprastante insediamento di Pietra Murata.

Sempre nel comprensorio di San Piero si trova il sito dei Sassi Ritti che rappresenta uno dei più suggestivi e antichi luoghi di culto elbani, espressione d’ancestrale spiritualità delle popolazioni che abitarono l’isola durante l’Età dei Metalli.
Il sito dei Sassi Ritti, importantissima testimonianza del Megalitismo elbano, è infatti riconducibile, per analogia con Corsica e Sardegna, all’Età del Rame o ai primi secoli dell’Età del Bronzo (II/III millennio avanti Cristo).
La località, non distante dal paese di San Piero, ospita una serie di quattro menhir aniconici, ossia senza decorazioni o immagini scolpite. Altri, inclinati o abbattuti, si trovano nelle vicinanze dove peraltro è possibile osservare schegge neolitiche di ossidiana sarda proveniente dal Monte Arci.
I Sassi Ritti ebbero certamente una funzione rituale connessa al culto solare, analogamente a quanto avviene nei siti megalitici della Sardegna meridionale (Pranu Mutteddu) e nel sud della Corsica (Cauria e Palaggiu), dove questi allineamenti di menhir, spesso antropomorfi e decorati, vengono chiamati «filarate».
È interessante notare che tali menhir hanno una sezione grossolanamente rettangolare, ed essendo rivolti in direzione Nord/Sud con i lati minori, conseguentemente presentano i lati maggiori esposti ad Est/Ovest, ossia lungo l’arco solare, in modo da avere un costante soleggiamento.

Silvestre Ferruzzi, 2007