Maddalena, la discepola prediletta di Gesù.
La costruzione della chiesa di San Pellegrino a Bominaco (a circa trenta chilometri da L’Aquila) risale all’età altomedievale e nel corso del XII secolo risulta annessa all’abbazia benedettina di San Pellegrino e Santa Maria.
All’interno dell’edificio a pianta quadrangolare si conservano interessanti affreschi duecenteschi tra cui alcune scene della Passione di Cristo, caratterizzate da uno stile ancora bizantineggiante, e al tempo stesso capaci di trasmettere uno straordinario effetto drammatico e plastico, riscontrabile in poche altre opere d’arte dello stesso periodo, realizzate da maestri operanti nel centro Italia.
Due di questi affreschi hanno colpito particolarmente la mia attenzione per il forte simbolismo e per la struggente bellezza delle figure che vi sono rappresentate.
Mi riferisco ai due episodi della “Deposizione di Cristo dalla Croce” e della “Deposizione di Cristo al Sepolcro”: in entrambe le scene Maria madre e Giovanni l’evangelista sono rappresentati ai lati di Gesù, mentre al centro troviamo la figura di Maria Maddalena vestita con tunica rossa e capo velato.
Osservando la scena della deposizione dalla croce, soggetto iconografico che nelle opere d’arte del medioevo e del rinascimento vede protagonisti solitamente Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, notiamo che a Bominaco al posto di Nicodemo c’è Maddalena, raffigurata significativamente al centro della scena con il capo nimbato, collocato esattamente tra i due bracci di una croce dall’insolita forma di Y.
Osservando le espressioni e la gestualità dei quattro personaggi che circondano Gesù, si percepisce un pathos contenuto, una sofferenza misurata, seppure non trattenuta. Nel suo insieme il sentimento dei quattro personaggi addolorati per la morte di Gesù è quello di una composta accettazione di ciò che doveva essere e che pertanto non poteva che essere accettato.
Mi colpisce soprattutto il ruolo attivo, oltre che contemplativo, di questa figura centrale di Maria Maddalena, resa protagonista dell’azione e raffigurata quasi fosse un uomo: coraggiosa e forte, mentre con il braccio sinistro sorregge il corpo di Gesù, ormai privo di vita. Non è un caso, a mio avviso, che la mano sinistra della donna, passando sotto l’ascella di Cristo vada a poggiarsi proprio in corrispondenza del suo cuore!
Poco più in basso vediamo Giuseppe d’Arimatea, il quale cerca di aiutare Maddalena facendo da contrappeso con la propria spalla, mentre si tiene in equilibrio con entrambi i piedi sulla scala a pioli.
Le labbra della discepola di Cristo sfiorano la guancia del suo maestro; i nimbi di entrambi s’ intrecciano e si confondono; il compassionevole volto di lei aderisce a quello di lui, in un contatto intimo e amorevole che non ha nulla di profano; il gesto è altamente simbolico anche se sembra alludere ad un ultimo, mistico, bacio d’addio.
Ciò che più colpisce la mia attenzione è il fatto che il corpo di Maddalena scompaia improvvisamente ed inspiegabilmente dietro quello di Gesù. La tunica rossa di lei arriva alla cintura di stoffa di lui e poi prosegue, senza soluzione di continuità, trasformandosi nella stoffa dello stesso colore che copre i fianchi e le gambe di Gesù fino alle ginocchia.
Credo che questo effetto di dissolvenza, quasi di fusione della veste femminile in quella maschile, voglia rappresentare alchemicamente e simbolicamente l’unione dei due corpi, il maschile e il femminile, ovvero la realizzazione di un unico essere spirituale oltre la morte terrena.
Passiamo ora ad osservare la scena successiva, in cui si vede affrescato l’episodio della deposizione al sepolcro del Cristo morto.
Alle spalle di Gesù vediamo ancora una volta la figura di Maria Maddalena, sempre rappresentata con veste rossa e velo sul capo, mentre sostiene il corpo di Gesù con entrambe le mani e lo depone delicatamente nel Santo Sepolcro.
Anche in questa scena Gesù e Maddalena sembrano fondersi in un ultimo simbolico abbraccio.
Ai due lati Giovanni e Maria madre accarezzano amorevolmente le mani di Cristo, occupando gli stessi ruoli e le stesse posizioni dell’affresco precedente.
Pathos contenuto e accettazione consapevole caratterizzano anche in questa scena le espressioni e i gesti dei tre personaggi che attorniano Cristo.
Davanti al sepolcro, in primo piano e un po’ fuori scena, siede un Arcangelo che regge nella mano sinistra lo scettro gigliato mentre il dito indice della destra punta verso i due protagonisti al centro dell’affresco…
Il forte simbolismo di questo affresco è palese anche per la presenza delle due colonne sullo sfondo, una rossa e l’altra bianca, al cui centro un vaso pende dal soffitto.
L’intimo abbraccio tra la figura maschile e quella femminile lascia supporre che l’artista (o forse il committente) abbia voluto alludere a quel fondamentale principio alchemico chiamato l’unione di Sole e Luna, ovvero il ricongiungimento dei due principi maschile e femminile presenti in ogni essere, che per gli alchimisti medievali si rendeva necessario per la realizzazione della grande Opera.
E a proposito dell’unione di sole e luna, e del simbolismo alchemico medievale, vorrei ricordare l’incipit di un famoso sonetto alchemico (attribuito a frate Elia, compagno amatissimo di san Francesco d’Assisi) che cominciava con queste simboliche parole: “Solvete i corpi in aqua, a tutti dico, Voi che cercate fare sole et luna… ” (v. in proposito gli interessanti lavori di Paolo Galiano)
Il famoso architetto frate Elia, per molti anni benvoluto sia alla corte del papa che dell’imperatore, fu anche un noto e apprezzatissimo maestro d’alchimia; purtroppo, in seguito alla scomunica che lo colpì per essere rimasto fedele a Federico II, fu soggetto ad una damnatio memoriae che avrebbe portato alla distruzione di molti suoi preziosi scritti e di molti sonetti alchemici originali a lui attribuiti.
di Antonella Bazzoli
15 febbraio 2019 (aggiornato il Sabato di Pasqua del 2021)