La piazza dentro le mura

Nel visitare il centro storico di una città d’arte, vi è mai capitato di avere l’impressione che i singoli edifici della piazza principale siano parte di un unico grande progetto architettonico? E’ un po’ come avere la sensazione di trovarsi all’improvviso, non più in un spazio pubblico esterno, ma nel cuore interno di una grande opera costruita a cielo aperto.
Provate a fare questo esperimento: ponetevi al centro di una piazza e immaginate che lo spazio intorno a voi si trasformi per magia in una sorta di grande edificio-città, delimitato all’esterno dalla cinta muraria e organizzato all’interno in vari percorsi. I vicoli e le viuzze vi appariranno allora, con un po’ di fantasia, lunghi e sinuosi corridoi da attraversare.
Dimenticate per un attimo di trovarvi in una piazza storica e immaginate di essere in un ampio cortile interno, dal quale sia possibile accedere ai vari spazi che circondano il fulcro in cui vi trovate. Non solo la piazza principale, ma anche gli slarghi e le piazzette che incontrerete nel centro storico, vi sembreranno allora come corti interne da attraversare, come atri o ingressi che vi invitano a visitare gli interni di questo edificio-città.
E’ un modo come un altro per percepire l’architettura di una piazza storica. Un gioco che ci consente di scoprire come la piazza – da sempre luogo d’incontro religioso con la sua cattedrale, da sempre fulcro politico e commerciale con i suoi palazzi pubblici – sia in realtà non soltanto un baricentro urbano e un punto di riferimento per la vita della collettività, ma anche un monumento a sé, un luogo simbolo che vive di vita propria.
Nelle opere pittoriche del medioevo e del rinascimento si vede spesso una santa, o un santo patrono, che tengono in mano la città da loro protetta, rappresentata sotto forma di modellino in miniatura.
In genere le riproduzioni di questo genere contengono elementi architettonici stilizzati ma pur sempre realistici e riconoscibili, della piazza e dei suoi principali monumenti.
In una tavola di un polittico di Meo di Guido da Siena della prima metà del Trecento, ad esempio, si vede il santo patrono di Perugia, il vescovo Ercolano del VI secolo, che tiene in mano una miniatura della piazza principale con i suoi elementi architettonici più significativi.
Gli edifici simbolo della piazza sono riprodotti in miniatura con dettagli che corrispondono a come essi dovevano apparire all’epoca dell’artista. Vi si riconoscono gli edifici principali che nel Trecento si trovavano nella platea magna, tra cui il campanile poligonale della vecchia cattedrale romanica e la cappella di Sant’Ercolano (purtroppo entrambi non più esistenti) e vi si vedono chiaramente anche le mura cittadine che ancora oggi circondano il centro storico.

Spesso identificata con il cuore pulsante della città, la piazza nasce nel medioevo come spazio delimitato da una fitta trama di strutture edilizie, per lo più addossate le une alle altre, e quasi sempre delimitate da una cinta muraria esterna.
Il parallelismo tra piazza e città è talmente forte nell’età medievale, che i due concetti tendono spesso a coincidere sia visivamente che simbolicamente.


La piazza dentro le mura e le mura intorno alla piazza. Sono questi i due elementi urbanistici che rappresentano la città comunale nella sua interezza e nella sua autonomia, in contrapposizione al contado e al territorio extramoenia.
Ma se la piazza comunale nasce nel medioevo, il concetto di piazza è in realtà molto più antico e affonda le proprie radici in quello spazio urbano che nelle poleis greche veniva chiamato agorà e che in molte città italiane era spesso già stato occupato da un preesistente foro romano.

Dal latino forum – luogo del mercato o luogo aperto – lo spazio rettangolare ricavato al centro della città romana, costituiva in origine il luogo di riunione privilegiato per i cittadini, per poi divenire in seguito anche un centro politico in cui costruire templi, edifici civici ed amministrativi, statue, edicole, archi ed altri monumenti. Attorno al foro romano venivano edificate anche le tabernae, ambienti in cui si svolgevano le varie attività commerciali.

Col passare dei secoli l’antico spazio del foro si trasformò più e più volte, architettonicamente e urbanisticamente, ma non per questo il nucleo della città antica perse la sua funzione di centro di raccolta della comunità.
A volte il foro lasciò il posto al sagrato della nuova cattedrale; in altri casi, con l’affermarsi del libero comune, divenne spazio pubblico e parte integrante delle nuove sedi delle autorità civili. Non a caso molte piazze cominciarono ad essere chiamate Piazza dei Consoli, del Podestà, del Capitano del Popolo.

Le due tipologie principali di piazza, quella civile e quella religiosa, finirono spesso col sovrapporsi fino a fondere, in certi casi, le rispettive destinazioni d’uso, e fino a trasformarsi in una sorta di spazio ibrido, contenuto fra gli edifici pubblici e quelli vescovili.

Come già era avvenuto nel foro romano, anche la piazza medievale si caratterizzò in molti casi come centro privilegiato per le attività commerciali. A ricordare la particolare destinazione d’uso di tipo economico della platea magna medievale, restano a volte tracce architettoniche di antiche botteghe, o toponimi sopravvissuti ai mutamenti urbanistici. E’ il caso dei due comunissimi: Piazza delle Erbe e Piazza del Mercato, presenti un po’ ovunque nelle città medievali d’Italia.
Anche la presenza di curiosi dettagli, miracolosamente conservatisi nel tempo, possono testimoniare la preesistente funzione commerciale della piazza in questione. Basti pensare alle misure medievali che spesso troviamo incise sulle mura di un palazzo pubblico o sotto il loggiato della cattedrale, nei luoghi appunto in cui tradizionalmente si tenevano le fiere e il mercato.

Antonella Bazzoli – 2 aprile 2009