La Corsa dei Ceri e le Tavole Eugubine
La Corsa dei Ceri di Gubbio è uno dei più coinvolgenti e stupefacenti appuntamenti folklorici d’Italia.
La festa si svolge il 15 maggio e si lega alla figura di Sant’Ubaldo, il vescovo morto tra il 15 e il 16 maggio del 1160, venerato dagli Eugubini per aver difeso e salvato la città nel 1151, quando Gubbio sarebbe stata assediata da undici città, riunite in una lega antieugubina. Si narra che in quell’occasione, dopo aver fatto per tre volte consecutive il giro delle mura cittadine, recitando salmi ed orazioni insieme al popolo in processione, il vescovo Ubaldo Baldassini sia salito sulla cima del sacro monte di Gubbio (dove in seguito sorse il santuario a lui intitolato) e da lassù, con la sola forza della preghiera, sia riuscito a disperdere l’esercito nemico.
La tradizionale Corsa dei Ceri avrebbe in realtà origini molto più antiche e sembra derivare da arcaiche tradizioni religiose, praticate in epoca precristana dagli Umbri, popolo italico delle montagne dell’Appennino centrale, che si era insediato e stabilito nei territori a sinistra del Tevere.
Secondo l’archeologo Simone Sisani, vi sarebbero corrispondenze tra il percorso della Corsa odierna e quello delle cerimonie di purificazione descritte nelle tavole . Innanzi tutto colpisce che il percorso attuale non si leghi agli edifici religiosi più importanti in età medievale.
Inoltre essa termina sulla cima del monte Ingino, la cui sommità fu considerata sacra fin dal periodo protostorico. La cima di questo monte rappresentò l’acropoli cittadina a partire dal V secolo a.C., e continuò a svolgere una funzione simbolica civica e religiosa per la comunità dell’antica Ikuvium anche in epoca romana .
Le sette tavole bronzee conservate nel Palazzo dei Consoli a Gubbio, note in tutto il mondo come Tavole eugubine, descrivono le cerimonie propiziatorie e purificatorie della confraternita Atiedia. I rituali praticati da questi sacerdoti umbri prevedevano sacrifici animali che si svolgevano presso le porte cittadine per concludersi sulla sommità dell’acropoli.
Il culto di Sant’ Ubaldo e la tradizionale Corsa dei Ceri potrebbero dunque aver assorbito le caratteristiche di una tradizione religiosa molto più antica, e il percorso seguito dall’officiante e dal popolo eugubino potrebbe corrispondere a quello che ancora oggi i Ceraioli percorrono, trasportando le tre pesanti macchine lignee fino al santuario di Sant’Ubaldo sulla cima del monte Ingino.
Il tracciato urbano della Corsa ripercorre in parte l’antico perimetro della cerchia muraria, risalente alla prima metà del II secolo a.C.: la partenza avviene nei pressi dell’arco di San Marziale (dove un tempo pare sorgesse Porta Veia) e le due soste successive sono previste rispettivamente presso il Ponte Marmoreo e poco oltre la porta di San Giuliano (dove forse sorgeva l’antico ingresso urbano chiamato Porta Tessenaca).
Le sette Tavole Iguvine descrivono la prima parte del percorso intorno alle mura, mentre danno istruzioni su come praticare le invocazioni alla trade eugubina e su come fare correttamente i sacrifici animali, all’interno e all’esterno della cinta muraria, presso le tre antiche porte: Trebulana, Tesenaca e Veia.
Ieri come oggi il sacro numero tre ricorre nei rituali descritti dalle Tavole e nei riti folklorici e religiosi della Corsa dei Ceri: tre erano gli animali che venivano immolati per ciascuna divinità della triade eugubina; tre erano i soggetti che beneficiavano delle offerte sacrificali; tre erano i tempi che scandivano il sacrificio, tre volte le invocazioni andavano ripetute e tre volte la danza rituale doveva essere ripetuta a conclusione del rituale, prima che la fila degli uomini armati potesse sciogliersi.
Il testo delle tavole descrive due sacrifici animali che dovevano tenersi fuori le mura, rispettivamente sulla cima del monte Ingino e su quella del monte Ansciano, entrambi centri di riferimento politici e sacrali per l’antico centro umbro di Gubbio.
Interessante è poi scoprire che il momento dell’anno in cui si svolgevano questi riti purificatori è indicato nelle Tavole con la formula “ponne oui furfant“, che sta a significare: “quando si tosano le pecore“. Sappiamo da Varrone che la tosatura degli ovini aveva luogo in un periodo di tempo che va dall’equinozio di primavera all solstizio d’estate (cioè tra la terza settimana di marzo e la terza di giugno) ed è probabile che la data della cerimonia sacrificale avesse avuto luogo intorno alla metà di maggio, cioè in corrispondenza con l’attuale corsa dei Ceri che si tiene tradizionalmente il 15 maggio.
Incisi sul bronzo con la tecnica della “cera persa”, scritti in dialetto umbro ma con l’uso di lettere prese a prestito dall’alfabeto etrusco, i termini osco-umbri usati nelle tavole ikuvine sono interessantissimi.
Con il termine kletra, ad esempio, si indica la portantina di legno su cui venivano trasportati gli animali da sacrificare durante la cerimonia propiziatoria. Curioso ritrovare l’uso rituale della barella in legno anche nella corsa dei Ceri: viene da pensare che la kletra portata a braccio dagli antichi sacerdoti della confraternita Atiedia, lungo il tracciato che conduceva al monte sacro (okri Fisio), si sia trasformata nella barella in legno su cui ancora oggi vengono alzati e trasportati i tre Ceri dalla piazza dei Consoli fino al santuario del Monte Ingino.
Il sacro numero tre ritorna ripetutamente anche nella sesta tavola, che descrive dettagliatamente i rituali di purificazione della città e del monte su cui essa sorge.
Così si legge, ad esempio, che l’officiante doveva sacrificare tre buoi a Giove Grabovio davanti alla porta Trebulana.: “post. uerir. treblanir. si. gomia. trif. fetu. trebo. iouie. ocriper. fisiu. totaper. iiouina“, che tradotto sta per: “Dietro la porta Trebulana sacrifichi tre suine gravide a Trebo Giovio per il Monte Fisio e per la Comunità Iguvina”.
L’officiante della cerimonia era poi tenuto a sacrificare altre tre animali anche presso le altre porte della città: “pre. uerir. tesenocir. buf. trif. fetu marte. grabouei. ocriper. fisiu totaper iiouina.” che tradotto suona: “Davanti alla porta Tessenaca sacrifichi tre buoi a Marte Grabovio per il Monte Fisio e per la Comunità Iguvina”.
Davanti al terzo ingresso della cinta muraria, l’antica porta Veia, l’officiante immolava invece tre buoi candidi a Vofione Grabovio, ripetendo la formula usata per la purificazione del Monte Fisio e della comunità Iguvina:
“pre. uerir. uehier. buf trif. calersu fetu uofione. grabouie. ocriper. fisiu. totaper. iiouina”
Antonella Bazzoli, 15 maggio 2021