Bonvicino e i flagellanti

Anno del Signore 1260. Era il 3 maggio e il sole era alto sopra l’orizzonte quando Bonvicino entrò nella nuova chiesa templare, per controllare i lavori architettonici ormai prossimi alla conclusione. Fra Bonvicino era originario di Assisi, ma viveva a Perugia da quando era stato eletto praeceptor della domus templare e tutti i monaci della grande magione templare gli dovevano obbedienza.
Osservò attentamente la cortina muraria costruita dalle stesse maestranze che avevano realizzato le vicine chiese di Santa Maria di Monteluce e di Santa Maria di Valdiponte. Bonvicino pensà che l’imponente ed austero edificio somigliava a una fortezza inespugnabile più che ad una chiesa. I templari avevano voluto costruirla dove un tempo sorgeva l’antico sacello di san Girolamo, oratorio dove l’ eremita Bevignate aveva vissuto molto tempo prima diventando famoso per i suoi miracoli. 
L’interno del nuovo edificio, caratterizzato da un’unica navata a pianta quadrangolare, ricordava a Bonvicino la semplicità architettonica di certe cappelle che i suoi confratelli avevano costruito in Terra Santa. Il frate di Assisi era soddisfatto di come procedevano i lavori.
Sul retro dell’edificio, presso il grande pozzo dall’ampia vera ottagonale, un monaco attingeva l’acqua che gli operai usavano per impastare la calce. “Tutto riflette la povertà e il rigore della nostra regola – disse Bonvicino al mastro costruttore – i lavori sono a buon punto e fra poco arriverà anche la mensa marmorea che ho chiesto ai canonici della cattedrale”.
Il progetto era stato avviato solo quattro anni prima e la nuova chiesa di Sancti Benvegnatis sarebbe andata ad aggiungersi alle già numerose proprietà della precettoria templare perugina: la Domus militie templi sanctorum Iustini et Ieronimi, i cui possedimenti arrivavano a comprendere territori nelle diocesi di Assisi, di Gubbio e di Nocera Umbra.

A quell’ora un fascio di luce penetrava attraverso la grande bifora aperta nell’abside. Il sole avrebbe continuato ad illuminare la chiesa fino al tramonto, quando la luce sarebbe entrata da ovest, attraverso il rosone al centro della facciata.
Fra Bonvicino cominciò ad immaginare gli affreschi che presto avrebbero ricoperto le pareti interne: dietro l’altare avrebbe fatto dipingere i simboli dei quattro evangelisti e il Redentore sulla croce, affiancato da Giovanni e da Nostra Signora. Non sarebbero mancati episodi della vita di san Bevignate, al quale la chiesa sarebbe stata intitolata. Maria Maddalena sarebbe stata affrescata coperta dai suoi lunghi capelli, come trentacinque anni prima il pittore Bonamico l’aveva raffigurata nella chiesa perugina di San Prospero. Poi, sulla parete di controfacciata, l’intonaco decorato a finti conci avrebbe ospitato alcuni affreschi con episodi ispirati alla vita dei Templari in Terrasanta: da un lato cavalieri crociati e monaci guerrieri in battaglia, dall’altro monaci vestiti di bianco in un monastero circondato da palme e leoni.

Ritratto di flagellante (Raniero Fasani?), chiesa templare di San Bevignate, Perugia. Foto A.Bazzoli

Improvvisamente fra Bonvicino sentì un canto lugubre che proveniva da lontano. Si voltò e vide un piccolo corteo che si avvicinava alla chiesa in costruzione. A capo della processione riconobbe l’eremita francescano Raniero Fasani, era nudo dalla cintola in su, come a torso nudo erano anche gli uomini che lo seguivano. L’eccentrico gruppo procedeva con un telo legato sotto i fianchi, e ciascuno di loro reggeva con la mano destra il flagellum, colpendosi le spalle e la schiena e improvvisando rozzi canti che annunciavano l’apocalisse imminente.
Bonvicino vide il sangue fresco fuoriuscire dalle ferite provocate dai flagelli. Pensò che gli sarebbe piaciuto inserire quella mistica processione tra gli affreschi che da lì a poco avrebbero decorato le pareti interne dell’abside, pur sapendo che quei penitenti rischiavano una condanna per eresia, poiché le loro idee somigliavano a quelle dei gioachimiti e dei francescani spirituali.
Fra Raniero salutò il precettore con queste parole: “Pace e bene fratello. Siamo qui per diffondere tra gli uomini la pratica della disciplina spirituale e della flagellazione”.
Pace a te fratello – rispose il templare – ti ho sentito intonare un canto lugubre che profetizza l’ormai prossima fine del mondo. Fa attenzione Raniero, sono idee che non piacciono al nostro pontefice. Ricordi la commissione di cardinali che Alessandro IV convocò quattro anni or sono per condannare gli scritti di Gioacchino da Fiore? Da allora le cose non sono cambiate e c’è sempre il rischio che le tue idee possano essere giudicate eretiche”. Fra Raniero alzò al cielo il flagello ricoperto di sangue con entrambe le mani come fosse una torcia ardente e con sguardo estasiato disse a Bonvicino: “San Bevignate mi è apparso in sogno ordinandomi di rendere pubblica la penitenza che fino ad oggi avevo svolto di nascosto e in solitudine… Se ho la sua protezione di cosa dovrei avere paura?” La risposta piacque al precettore che messo da parte ogni timore tornò ad immaginare l’affresco da collocare nell’abside: in alto un grande Giudizio universale con Cristo circondato dagli apostoli, e in basso gli eletti che sarebbero saliti in paradiso, tra cui naturalmente anche i monaci dell’ordine templare. Al centro della parete immaginò la scena della resurrezione della carne con i corpi che fuoriuscivano dai sarcofaghi, e nel registro inferiore non sarebbe mancato il corteo di flagellanti guidato da Raniero Fasani. Bonvicino avrebbe fatto affrescare i penitenti ad altezza d’uomo, affinché chiunque, guardandoli, potesse riconoscerli e vi si potesse identificare.

Siate i benvenuti – disse Bonvicino ai flagellanti – a partire da domani giungeranno in molti dalla città e da tutto il contado“.  Per due settimane, a partire dal giorno seguente, ogni attività lavorativa sarebbe stata sospesa. Così decretava l’ordinanza del podestà di Perugia che in via del tutto eccezionale concedeva alla cittadinanza quindici giorni di ferie straordinarie! I festeggiamenti in onore di san Bevignate sarebbero durati fino al 19 maggio. “Potete restare presso di noi per tutta la durata delle ferie – continuò il precettore rivolgendosi ai flagellanti – e da qui faremo partire una grande processione che nel nome di Bevignate raccoglierà dietro di sè migliaia di fedeli”. Il precettore sapeva che di giorno in giorno stava crescendo il consenso verso la nuova disciplina di Fasani. E pensò che grazie alle ferie straordinarie il corteo dei penitenti sarebbe potuto partire proprio dalla nuova chiesa intitolata a San Bevignate. Già immaginava i flagellanti procedere verso la domus templare di San Giustino d’Arna, e poi verso Gubbio, e ancora più a nord, seguendo le vie del pellegrinaggio cristiano. Fra Bonvicino intuì che il movimento si sarebbe diffuso rapidamente e infatti moltissimi penitenti si unirono al gruppo dei flagellanti man mano che questi procedevano verso nord, fino a giungere in Germania, in Boemia e nella lontana Polonia.
Il movimento di Fasani avrebbe coinvolto anche laici, donne e bambini, dando vita a gigantesche processioni di decine di migliaia di persone! Ma i giorni del fervore mistico collettivo non sarebbero durati a lungo. Questo Bonvicino non poteva ancora saperlo, ma neanche un anno dopo, nel gennaio del 1261, papa Alessandro IV avrebbe proibito questi cortei, ormai divenuti un fenomeno incontrollabile, proprio come il frate templare per un attimo aveva temuto.

Fra Bonvicino – disse Fasani – parlerai con il Santo Padre affinché venga canonizzato il beatissimo Bevignate?”
Farò tutto ciò che è in mio potere per ottenere l’avvio del processo di canonizzazione – rispose Bonvicino – il Podestà invierà la sua richiesta ufficiale tra pochi giorni, e credo che la politica filoguelfa di Perugia farà andare tutto per il meglio”.
Le capacità politiche e diplomatiche del precettore templare erano note a tutti perchè il monaco era stato investito dell’importante carica di cubicularius, ovvero di guardia del corpo del papa.
Anch’io sono certo che Bevignate verrà inserito nella schiera dei santi – aggiunse fra Raniero – Alessandro IV ti deve molto, tutti sanno che è per merito tuo se il conflitto tra Pisa e Genova si è risolto pacificamente”.
Solo tre anni prima, infatti, il precettore della domus perugina aveva partecipato ai negoziati di Viterbo, concludendo positivamente un importante incarico diplomatico: alle opposte fazioni di Ospitalieri e Templari che si trovavano allora in Sardegna (i primi alleati con Genova e i secondi con Pisa), papa Alessandro aveva ordinato di ristabilire l’ordine prendendo possesso di S.Igia ed estromettendo sia i Genovesi che la difendevano, sia i Pisani che la combattevano.

Giudizio Universale, scena della resurrezione della carne. Chiesa templare di san Bevignate (foto A. Bazzoli)

Purtroppo fra Bonvicino e fra Raniero non sapevano ancora che il loro sogno non si sarebbe mai avverato: nonostante i tentativi dei Perugini, che per quasi cinquant’ anni avrebbero continuato in ogni modo a chiedere la canonizzazione, la Santa Sede avrebbe puntualmente evitato di accogliere le richieste, e a nulla sarebbe servito l’appoggio dei Templari al Comune di Perugia.
La campana del monastero suonò l’ora sesta. Fra Bonvicino invitò il gruppo dei penitenti a fermarsi per il pranzo. Il pasto si sarebbe svolto come sempre nel più rigoroso silenzio. Ma quel giorno sulla mensa dei monaci templari non sarebbe mancata la carne. Infatti, nonostante il divieto dettato dalla regola, che rifletteva lo spirito di astinenza di quella cistercense, fra Bonvicino avrebbe permesso in via del tutto eccezionale, di consumare carne tre volte in una settimana.
Il duro ritmo di vita imposto ai fratelli coinvolti nella costruzione della chiesa, poteva infatti essere paragonato a quello dei soldati impegnati in Terrasanta, gli unici tra tutti i fratelli del Tempio ad avere il privilegio di consumare carne.

di Antonella Bazzoli – 20/08/18

Rivisitazione de “Il Templare e il flagellante” di Antonella Bazzoli, in Fuaié n. 6 Giugno 2005