Giorgio, la principessa e il drago
L’eroe a cavallo che uccide il drago e salva la principessa minacciata dal mostro, è un soggetto molto diffuso nelle chiese medievali dell’Europa cristiana, e lo troviamo spesso raffigurato nelle vesti di un santo cavaliere crociato, armato di scudo e di lancia.
Il tema, nell’immaginario medievale, è il trionfo del Bene sul Male. La vittoria sul “serpente antico” può assumere tuttavia vari aspetti simbolici: dal trionfo dell’ortodossia sull’eresia e il paganesimo, fino alla vittoria attraverso opere di bonifica di aree malsane e paludose, sulle quali imperversavano pestilenze e malaria.
Si tratta di un’ iconografia molto antica che deriva da soggetti mitologici in cui l’eroe solare sconfigge il mostro che può assumere varie forme. Ancor prima dell’affermarsi del cristianesimo, infatti, il tema della lotta tra coppie antagoniste – i mostri bestiali da un lato e gli eroi vincitori dall’altro – era molto diffuso sia nella letteratura che nell’arte.
Pensiamo ad esempio a Teseo che uccide il Minotauro; ad Ercole che sconfigge l’Idra nella seconda delle sue fatiche; a Perseo che taglia la testa a Medusa e poi vola via sul suo cavallo Pegaso. E spostandoci in Egitto, pensiamo ancora all’iconografia del dio solare Horus, rappresentato a volte a cavallo mentre trafigge con la lancia il suo antagonista, il coccodrillo Seth.
Appartiene invece al tardo medioevo cristiano la leggenda della principessa minacciata dal drago e salvata dal cavaliere san Giorgio.
La vicenda agiografica di questo santo sauroctono (uccisore del drago) ha dato origine ad un soggetto molto diffuso sia nell’arte figurativa medievale che rinascimentale.
La vicenda trae spunto dal fantasioso racconto della “Legenda Aurea” di Jacopo da Varagine (1228-1298). La storia è ambientata in Libia, presso un grande lago dove viveva un drago che ammorbava l’aria col suo alito pestifero e terrorizzava gli abitanti del villaggio costringendoli ad offrirgli vittime sacrificali. Quando al mostro non bastarono più due pecore al giorno, il popolo si vide costretto ad estrarre a sorte i propri figli per placare la fame dell’ insaziabile drago.
Un giorno fu estratta a sorte la figlia del re e proprio mentre la giovane stava per essere divorata dal drago, ecco che passò da quelle parti il cavaliere Giorgio, un soldato romano della Cappadocia che si avvicinò alla principessa e le chiese perché stesse piangendo. La giovane, ormai rassegnata al proprio destino, invitò il cavaliere ad andarsene in fretta se non voleva fare la sua stessa fine.
Ma mentre il drago emergeva dal lago, il prode cavaliere gli si fece incontro e lo trafisse con la propria lancia, procurandogli una profonda ferita.
L’eroe vittorioso invitò quindi la principessa ad usare la propria cintola per stringerla intorno al collo del drago e in tal modo immobilizzarlo. Con il mostro al guinzaglio, divenuto docile come un cagnolino, i due si incamminarono verso il villaggio.
Davanti alla folla che li accolse con entusiasmo, il mostro catturato e ferito fu usato da San Giorgio per convertire le popolazioni del posto: “Non abbiate paura – avrebbe detto l’eroe agli abitanti del villaggio – abbracciate la fede in Cristo ed io ucciderò il mostro”. Pur di vederlo morto tutti acconsentirono a ricevere il battesimo, il re compreso!
E’ questa solo una delle tante varianti della leggenda medievale che vede protagonisti Giorgio, la principessa e il drago.
Vale la pena accennare anche ad un’altra versione, particolarmente simbolica, che narra di come dal sangue del drago ferito sarebbe nata una rosa rossa, raccolta dal cavaliere Giorgio e offerta in dono alla principessa liberata.
Per questo motivo in alcuni paesi europei, in occasione della festa del santo che si tiene ancora oggi il 23 aprile, gli uomini usano regalare alle donne una rosa rossa.
E da quando l’Unesco ha scelto questa data per celebrare la festa mondiale del libro, ogni donna che riceva in dono il simbolico fiore, ricambia a sua volta l’omaggio, regalando un libro al cortese cavaliere.
Trovo interessante provare a dare una lettura di tipo psicologico e simbolico a questi miti in cui sono protagonisti santi ed eroi, usciti vittoriosi dalla lotta contro terribili mostri. Si tratta spesso di leggende dove sono presenti vergini o principesse, tenute prigioniere o destinate ad essere divorate.
In tutti questi racconti, per quanto le varianti siano diverse l’una dall’altra, mi sembra di poter cogliere la medesima metafora dell’eterna lotta che si svolge nell’essere umano, al cui interno le parti psichiche più elevate si contrappongono alle parti istintive che sono nascoste e inaccessibili nel profondo dell’ inconscio.
Il Sé interiore può in tal senso essere identificato con l’eroico cavaliere che combatte per liberare la Coscienza, quest’ultima identificata con la vergine incatenata. Affinché la Coscienza/Principessa possa essere liberata occorre sottomettere le pulsioni/mostri nei quali l’essere umano tende ad identificarsi.
I draghi e gli esseri bestiali si nascondono nella profondità della terra, o negli abissi delle acque. L’eroe cosciente che non teme i mostri al proprio interno, è colui che non teme di affrontare il proprio inconscio, colui che eroicamente è pronto a domare le proprie parti egoiche. L’eroe solare è dunque in tal senso colui che affronta e infine domina ciò che oggi potremmo chiamare l’Ombra, per usare un termine molto caro alla psicologia analitica junghiana.
Antonella Bazzoli – 19 aprile 2019